
Confesso, non ho letto questo libro, l’ho solo ascoltato dalla voce di Emanuela Ionica, ma mi ha affascinato per la storia molto dura che porta a implicazioni sociali fondamentali come l’abolizione dei manicomi dovuta alla legge Basaglia e ai rapporti che le persone hanno fra di loro all’interno di strutture contenitive.
Elba, con la voce di Emanuela è perfetta, la scrittura di Viola si fa musica, le parti in cui Elba parla in prima persona sono coinvolgenti e affascinanti, le rime, le canzoni, le descrizioni della parte di mondo che abita il “mezzomondo”, riflettono ciò che è anche il suo mondo interiore.
Èlba è come una straniera che abita un paese che non è il suo, ma che vuole tutti costi farsi piacere, perché non ne conosce altri, perché le persone che le vogliono bene sono lì, perché non vuole, semplicemente, andarsene.
Il linguaggio, ho detto, parole che si susseguono come note sul rigo musicale, rime che si rincorrono a dire ciò che con la prosa non si può o si riesce a dire. La lingua di Elba è un misto di allegria e tristezza, di fiducia e amarezza, che rotolano insieme a delineare una storia che più tragica non c’è.
Poi arriva la voce del Dottorino Meraviglia e lì forse sarebbe stato necessario un cambio ti timbro, perché si precipita dal virtuosismo ambulatorio di Elba alla triste tiritera dei lamenti. Fausto Meraviglia non ha saputo, o non è stato in grado, di portare a “mezzomondo” i cambiamenti che avrebbe voluto, Può solo tentare di prendersi cura di Elba, anche contro la sua volontà.
Il testo si fa monotono, lamentoso, come quello di un bambino che cerca continuamente rassicurazioni, ha fatto la sua marachella, ma in fondo non è stata del tutto colpa sua!
Penso che in questo libro Viola Ardone abbia voluto mettere sotto gli occhi del lettore, nel mio caso di ascoltatore, una storia che raccontasse le tante sfaccettature e conseguenze di una legge (Basaglia) che è stata disattesa per molto tempo anche dopo la sua promulgazione, facendoci conoscere il mondo nascosto e non riconosciuto dei manicomi e delle persone lì rinchiuse. Persone che in circostanze diverse avremmo potuto incontrare per la strada o sedute accanto a noi al ristorante o a far la spesa come noi al supermercato. La pazzia, sta dentro a tutti noi, tutti abbiamo la nostra vena di follia che ci rende diversi e attraenti a modo nostro.
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