
Con la piccola macchina azzurra sta percorrendo per l’ultima volta la Libbia, lo sa che sarà l’ultima, certe cose si sentono anche prima che si compiano. Ha cominciato a consumare la strada da Firenze ad Anghiari ben 17 anni fa.
I primi con trepidazione, spesso sola, a volte con qualcuno che faceva la sua stessa strada. Quante amiche si sono sedute sul sedile del passeggero.
Ora guarda quasi distrattamente l’asfalto costeggiato da boschi di querce e castagni, la primavera comincia a vestire gli alberi e l’ombra è sempre più fitta sui tornanti che portano allo scollino.
Passerà davanti alla Locanda di Tavernelle, questa volta non si fermerà, magari al ritorno…
La sua meta, non l’ho ancora detto, è Anghiari, un borgo magico che dopo tanti anni conosce come se ci avesse sempre abitato, e invece era la sua dimora saltuaria di fine settimana intensi e pieni di emozioni.
Pensa che è cresciuta per le strade di Anghiari. Quando è arrivata la prima volta, si sentiva come un pulcino bagnato, aveva sete di conoscere, ancora non sapeva cosa, ma essere arrivata lì era un traguardo che stava diventando una partenza. Si era sempre domandata che criterio fosse stato applicato per ammetterla a quella scuola sui generis, una “Università” di cui non conosceva i programmi se non a grandi linee.
Appena pensionata aveva visto su un giornale che in un piccolo paese della Toscana stava per aprire una scuola della memoria, o perlomeno era questo che aveva capito, senza sospettare che sarebbe diventata la sua casa per ben 17 anni.
Che cosa era successo dentro di lei all’annuncio? Ancora non lo sapeva, era una di quelle cose straordinarie che a volte le succedevano, intuizioni, pazzie, le chiamava, colpi di testa, una spinta irrazionale a volere fare proprio quella cosa.
Strano, lei una semplice pensionata, una illetterata, una ignorante di tutto ciò che riguardava la cultura classica, che si era rifiutata di frequentare una scuola che comportasse lo studio del latino, eccola ammessa ad un corso il cui fondatore era un filosofo.
Ricordava benissimo lo spaesamento dei primi giorni, il vuoto pneumatico in cui era caduta all’ascolto di parole sconosciute e incomprensibili: maieutica che cosa voleva dire?. La vergogna davanti agli interventi degli altri corsisti. Avrebbe voluto fare domande, ma le sue erano così semplici ed ovvie che probabilmente tutti si sarebbero messi a ridere.
Ricorda ancora il suo prendere da parte una ragazza che faceva da tutor e dirle senza mezzi termini che lei se ne sarebbe andata. Tutto troppo sconosciuto, troppo difficile, la filosofia non faceva per lei.Trovò accoglienza e ascolto, si sentì dire di scrivere su un taccuino ciò che non capiva e lei glielo avrebbe spiegato.
Resistette. E crebbe.
Forse più della paura fece breccia la curiosità di indagare su un mondo sconosciuto, prima vergognandosene, poi sempre più sicura.
Gli anni sono passati, lei era sempre lì avanti e indietro sulla strada che la portava verso scoperte sempre più entusiasmanti, stimoli che l’hanno portata ad avere il coraggio di iscriversi all’Università, quella vera. quella che aveva sempre desiderato e mai affrontato. Coraggio di affrontare anche un esame di latino che come un parto è nato dopo una gestazione di nove mesi di studio. Chi l’avrebbe mai detto!
Poi le connessioni, le amicizie, le persone che hanno abitato il suo mondo dell’altrove, la scrittura, sempre più sicura, sempre più sua, le letture, la poesia, la scoperta di parole che diventavano sempre meno misteriose.
Era cresciuta, negli anni era sempre di più colei avrebbe voluto essere, una donna matura e consapevole, sempre più autonoma e responsabile.
Ma questo è stata anche la sua fine, il distacco era inevitabile e come ogni figlio che raggiunta la maturità si avvia per la propria strada anche lei quel giorno percorreva il suo ultimo viaggio.
17 anni, quasi la maggiore età, i 18 erano alle porte e lei doveva andare per il mondo da sola.
Il viaggio era finito, l’arrivo era di nuovo partenza per altre esperienze.