Viaggiare con la fantasia

Proprio pochi giorni fa, due circostanze apparentemente diverse, mi hanno fatto andare indietro con la memoria: un libro che mi sono trovata tra le mani e un articolo sul domenicale di Repubblica
Del libro parlerò più avanti, l’articolo segnalava un volume che raccoglie le cartoline degli anni 50-70.
In quegli anni io ero una ragazzina con tanti sogni in testa e pochi soldi in tasca, nonostante il boom economico. L’unico modo per andare in giro per il mondo era raccogliere e collezionare le cartoline che arrivavano, rigorosamente nella cassetta postale, dagli amici più fortunati.
Credo di essere stata in buona compagnia, a quei tempi, chissà quante ragazzine della mia età avevano la mia stessa passione.
Ogni cartolina che arrivava era accuratamente messa da parte, il francobollo, staccato delicatamente andava ad arricchire la collezione di papà e il cartoncino colorato era sistemato in una scatola da me preparata con divisori che catalogavano ogni arrivo a seconda della provenienza.
Dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, credo di aver imparato la geografia guardando e riguardando paesaggi e strade, marine e piazze. Ogni luogo poi veniva cercato su un grande atlante per disporre visivamente, anche se solo con la fantasia ogni pezzetto di mondo.
Era il mio Google ante litteram, ogni luogo era accuratamente cercato sulla mappa, a volte anche con grande difficoltà, le carte non arrivavano spesso a segnalare paesini di villeggiatura microscopici, frazioni o cappelle, chiesette sui monti o spiagge del sud, non ancora del tutto raggiunte dal turismo di massa.
Le cartoline più preziose però erano quelle che arrivavano dall’estero, pochi ancora erano gli amici e conoscenti che potevano permettersi un viaggio oltre confine. Io ero fortunata perché il secondo lavoro di mio padre era quello di giornalista e quindi alcuni amici cronisti gli mandavano i saluti da dove andavano a fare servizi.
Ogni arrivo era una festa e la cartolina veniva studiata a lungo, per vedere le differenze anche microscopiche tra le immagini autoctone e i paesaggi lontani. Naturalmente non erano mai luoghi estremamente lontani, si trattava soprattutto di cartoline che arrivavano da paesi vicini come Francia Svizzera e Germania.
Le cartoline da Parigi erano le più numerose, perché chiunque delle persone che conoscevamo ci andasse non resisteva al desiderio di farci sapere che si trovava nella più favolosa città del mondo. La tour Eiffel era ripresa da tutti i lati e Notre Dame pure tanto che quando dopo tanti anni sono finalmente sbarcata nella Ville Lumiere mi pareva di esserci già stata.
Ogni tanto, ma molto raramente arrivava una cartolina dall’altra parte del mondo: New York era l’eldorado con i grattacieli che delimitavano strade come sentieri scavati tra i palazzi.

Atlante delle isole remote

Le mete più lontane si potevano solo immaginare sull’atlante, ed è qui che arriva il libro a cui accennavo. Il titolo è Atlante delle isole remote. cinquanta isole dove non sono mai stata e mai andrò. Il libro in sé non è niente di speciale, ma sapere che in quegli stessi anni in cui io fantasticavo su un Atlante c’era qualcun altro che esplorava mappe e carte per scovare pezzetti di terra sconosciuti su cui raccogliere storie, notizie, aneddoti è stato come sentirmi meno sola e rassicurata che quello che allora facevo non era del tutto folle.
Mi è venuta voglia di andare a cercare quella scatola in cui riponevo le cartoline, probabilmente è ancora da qualche parte in soffitta, per metterla accanto al libro delle isole remote. Credo che i sogni di due ragazzine con tanta voglia di viaggiare si farebbero compagnia e potrebbero dialogare tra loro senza Google di mezzo.

Giorgio Vasta, Saluti da Cinisello – Repubblica 27 luglio 2014 – pagg. 30-31

Judith Schalansky, Atlante delle isole remote. Cinquanta isole dove non sono mai stata e dove mai andrò. Bompiani 2013, ISBN 978-88452-7506-7


Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: