Oggi è stata una giornata in altalena, è cominciata molto presto, perché dovevo essere alle 7 e mezza in ospedale. Uno dei miei angeli custodi è venuto a prendermi e mi ha depositata davanti all’ingresso. Misure di controllo ancora più restrittive. Mi hanno fatto buttare i guanti, dicono che portano dentro non si sa che cosa… tutte le brutture del mondo probabilmente.
Anche per entrare in reparto altri controlli, c’è la fila, una fila in ordine sparso, a distanza di sicurezza. C’è persino qui qualcuno che brontola perché qualcun altro passa avanti. Come se tutti fossero in coda per la spesa e non per farci prelevare provette di sangue . Entro, e aspetto, qui non si può che aspettare, con pazienza. Prelievo medicazione del Pic, poi nuova attesa per la visita di controllo. La dottoressa con i riccioli arriva presto, va tutto bene, solo un po’ di pressione alta, mi da una pasticchina, molto leggera, da prendere, probabilmente è per questo che ultimamente ho spesso mal di testa. Perfetto, non ci sono da fare terapie, l’appuntamento è per martedì prossimo quando farò la seconda infusione. Posso andare a casa.
A casa?
E come faccio?
A casa e poi ritornare per la Radio alle 14.00?
Telefono a mio figlio, andrò ad aspettare a casa sua. abita a 1 chilometro dall’ospedale. Sono contenta vedrò il mio piccolino e mia nuora che non incontro da moltissimo tempo.
Con mascherina e guanti, ne avevo un altro paio, arrivo a casa di mio figlio, Avrei voluto precipitarmi ad abbracciare il piccolino e invece anche lui sa tenersi a distanza. Come imparano in fretta i bambini. Facciamo i compiti insieme/divisi, guardiamo un video di storia sui cretesi, poi si mangia. Mi sembra di essere in un giorno quasi normale, è bellissimo essere lì in loro compagnia. Unica cosa che fa capire che non è un giorno normale è che non ci tocchiamo, non ci avviciniamo, teniamo tutti le distanze di sicurezza. Quanto ancora dovrà andare in questo modo? Hanno annunciato altre tre settimane di ristrettezza. La pazienza dovrà davvero essere allenata come a dover fare le Olimpiadi di sopportazione!!! Nuova specialità.
All’ora giusta mio figlio mi porta all’appuntamento con Radio e mi aspetta fuori. Poi a casa. Fa caldo, forse è per questo che comincia a montarmi il mal di testa, Il tempo di consegnare l’uovo di Pasqua che ho comprato per il cucciolo e se ne va.
Io mi fiondo in poltrona a cerco di tenere gli occhi chiusi, la testa mi martella, è un calvario, senza avere la presunzione di paragonarlo a quello che si sta ricordando in questo momento in Piazza San Pietro. Mi decido prendo una tachipirina e piano piano il dolore scende. Riesco ad aprire gli occhi, piano piano sto meglio.
Forse è stata la troppa emozione di questa giornata, il vedere la mia famiglia, avere pranzato con loro, e poi il dolore di doverli abbandonare e tornare nel mio eremo solitario.
Ora è passato, evidentemente la tachipirina ha fatto effetto. sono riuscita a mandare la buonanotte alle donne del laboratorio, che è diventato un gruppo di sostegno, non sono più io l’insegnante e loro le allieve, ma siamo tutte sulla stessa barca, ci consoliamo a vicenda, ci sproniamo, ci raccontiamo le piccole cose… come la luna piena che entra prepotente attraverso i vetri. Ci mandiamo le foto dei fiori, io meno perché fiori non ce ne ho, ho solo un vasetto di basilico… e se regge fino a dopo Pasqua è un miracolo.
Ora sono qui a scrivere, da dietro di me arrivano le voci della Tv che trasmette la Via Crucis, penso a tutti noi che stiamo vivendo tutti quanti la nostra Via Crucis, il cammino che ci porterà… dove? Fuori dall’incubo? Per altre 3 settimane… nulla cambierà, ce ne staremo a casa, consolati solo dalle videochiamate che anche gli anziani hanno imparato a fare. Questo virus per tanti nonni è stato l’equivalente di un corso accelerato di tecnologia, separati dai nipotini che erano abituati ad accudire si sentono perduti, inutili senza capire che è solo per il loro bene. Dovranno cambiare tante cose mi sa! Forse imparare a volerci più bene, a capire che anche noi più che settantenni siamo persone che possono ancora dire qualcosa, avere qualcosa da fare.
Chissà che anche i nostri nipoti non capiscano che i nonni sono importanti e che avere corso il rischi di perderli li avrebbe resi più poveri e vulnerabili.
Ora mi aspettano tre giorni di solitudine, di riposo forzato, di silenzio. Mi farò forza e mi allenerò a quelle famose Olimpiadi della pazienza.