Anche oggi giornata intensa e piena, l’avvenimento più importante è stato che dopo molti mesi sono andata a trovare la mia amica che sta in RSA. Ci vado sempre malvolentieri, non perché mi faccia fatica, ma perché mi fa star male. È una mia forma di egoismo, non voglio star male a vederla nelle condizioni in cui si è ridotta. Vorrei sempre evitare di andare, procrastino le visite, spesso trovo scuse, in questo periodo poi è facilissimo trovarle. Ma alla fine mi devo decidere e andare. Quando poi sono lì, l’altra difficoltà è quella di non saper che cosa dire… cosa si dice a una persona che è chiusa in una prigione, che non può uscire, che non vede mai nessuno oltre il personale della casa e le persone che stanno come lei? Che non sa usare il cellulare, che sta progressivamente perdendo il suo corpo, la parola e tutto ciò che la rende umana. Non ha perso la testa però e purtroppo si rende perfettamente conto del suo decadimento e questo è ancora più brutto e io ci sto male perché ricordo bene le sue risate, le sue battute, quando si andava a cena fuori insieme, i suoi scherzi, le sue manie, ma anche le sue generosità.
Ha 15 anni più di me e spesso mi domando se lei non sia il mio specchio in cui guardarmi tra 15 anni. È vero che lei è sola, e io fortunatamente ho un figlio, ma si può sempre far affidamento su un figlio? O su un nipote? Sarò sempre capace si autonomia e di provvedere a me stessa? Il futuro non si può prevedere e allora cerco di non pensarci, di guardare avanti fino a dove può arrivare lo sguardo, ma poi… Ho sempre detto che vorrei fare come mio padre che si è addormentato un pomeriggio e se ne è andato così, ma non si può scegliere come e quando morire. Sono attaccata alla vita, ho cercato di buttarla una volta e non mi è riuscito, per questo, forte dell’esperienza, mi piace vivere e sono curiosa di ciò che mi riserva il futuro, ma andare a trovare la mia amica mi mette sempre tanta tristezza che davvero vorrei mettere la testa sotto la sabbia come fa lo struzzo e dimenticarmi di lei, dell’ambiente dove vive, della vita, se si può chiamare vita, che conduce. Troppo dolore, devo difendermi, ma a volte non si può, non posso, anche se vorrei fuggire o nascondermi.Basta, devo farlo, voglio farlo e lo farò. Continuerò ad andare a trovarla perché non devo farlo per me ma per lei perché una visita è un pezzetto di mondo che entra nel suo mondo, un spicchio di cielo, una speranza di vita normale dove niente e normale, qualcosa di cui parlare nelle ore e nei giorni successivi, immaginare, perfino sorridere.
Quindi continuerò ad andare.