Sesto Fiorentino 30 ottobre 2018
Ricordo benissimo la notte in cui le ho avute tra le mani per la prima volta.
Una notte lunga e triste, una di quelle notti che non vorresti mai passare nella tua vita, tempo sospeso tra un giorno doloroso e un altro in cui la vita prosegue.
Avevo appena saputo che mio padre era morto, all’improvviso, nel suo letto, senza soffrire, ma lasciando nella sofferenza e nella mancanza chi gli voleva bene. Ero corsa a Modena come in trance, divorando la strada, con gli occhi asciutti e il cuore in lacrime.
Ero arrivata nel piccolo appartamento dove avevo trovato mia sorella e i miei zii attoniti, silenziosi, quasi incapaci di darmi notizie più complete di quelle poche parole pronunciate due ore prima al telefono.
Lui era già stato sistemato dagli addetti alle pompe funebri, giunti velocissimi a compiere il loro pietoso lavoro. Il medico legale aveva già stilato il suo rapporto: morte naturale per infarto, tutte le incombenze erano state compiute, non rimaneva che piangere e stringerci accanto al feretro sistemato in salotto.
Lui sarebbe rimasto lì esposto fino al lunedì successivo quando si sarebbe celebrato il funerale.
Era ormai buio, dentro e fuori, quando gli zii proposero a me e mia sorella di andare a casa loro e tornare l’indomani.
Mi opposi violentemente, chi sarebbe rimasto in casa vicino a Lui, nel luogo di cui aleggiava ancora la sua vita spezzata? Non potevo lasciarlo solo, ma soprattutto non potevo andarmene senza rendermi conto del tutto che di Lui rimaneva solo il corpo, un corpo inanimato che si andava sempre più raffreddando.
Decisi di rimanere, di trascorrere la notte con Lui, per metabolizzare la sua scomparsa, per capire nella solitudine che cosa rimaneva di Lui dentro e fuori di me.
Dopo che la porta di casa si chiuse dietro i miei cari ancora vivi, mi sedetti nel suo studio al suo tavolo da lavoro ancora ingombro di carte, circondato da pile di giornali, da libri che sarebbero diventati miei, guardando senza vederla la libreria dai piani imbarcati dal troppo peso. Volevo sapere, non so che cosa, ma volevo sapere, volevo entrare, anche se troppo tardi, nella vita quotidiana di mio padre.
Cominciai ad aprire i cassetti, piccoli oggetti mi venivano incontro, penne matite, qualche timbro, foglietti con appunti, un vecchio portafoglio, puntine da disegno, qualche fermaglio… poi aprii le ante in basso della libreria e cominciai sistematicamente ad aprire ed esaminare il contenuto di alcune scatole. Conti, ricevute, scontrini, bollette tutte sistemate con cura. Era molto preciso mio padre, tutto conservato e catalogato, io e mia sorella avremmo potuto sapere senza dubbi cosa ci saremmo dovute aspettare, quanto c’era in banca, quanto aveva speso negli ultimi anni in cui si era “divertito” come diceva Lui.
In una grande scatola ritrovai il suo Album di prigionia, ricordai quando me lo aveva fatto vedere ed ero rimasta affascinata dai disegni che mio padre, ragazzo non ancora padre, aveva raccolto dai suoi compagni di reclusione e aveva realizzato nelle lunghe giornate in un campo circondato da filo spinato.
Poi in un’altra scatola, un po’ nascosta dietro le altre emerse Lui.
Erano lettere, tante lettere, una corrispondenza fitta fatta di parole scritte nel corso del tempo. Erano lettere di una donna che non era mia madre, ma che evidentemente Lui aveva amato, erano le risposte che Lui le aveva spedito, nel colore azzurrino della carta carbone. 50 anni di parole, di racconti di incontri clandestini, di sotterfugi per mantenere segreta una relazione che non voleva essere scoperta.
Lui raccontava la sua vita, la mia vita, e lei rispondeva con parole dolci di consolazione, con il desiderio, ma anche con la paura di essere scoperta, con tutte le contraddizioni di una donna che vuole e non vuole, che desidera, ma resiste, che ascolta, che accoglie la voce di un uomo non suo.
Trascorsi tutta la notte a leggere, l’alba arrivò che ancora piangevo sulle carte leggere, sulla storia infelice di due persone che si erano amate senza aversi, su mio padre che scoprivo fragile, ma anche traditore e menzognero.
Quella notte conobbi io padre.
Rispondi