17 agosto 1944

Gli incubi diventano, a volte, ossessionanti.
Sensazioni sgradevoli di parole o fatti si accumulano nella mia mente stanca di pensare. La vita appare impossibile, e pensare all’avvenire è come pensare a un tempo che svanisce all’infinito.
Vorrei essere stoico, ma non è facile, vorrei non pensare e non preoccuparmi di ciò che non dipende da me, ma gli incubi sono più forti della mia ragione, prendono possesso del mio cervello e me lo spremono, me lo rivoltano, me lo riammassano!
Piccole sensazioni che hanno lasciato la loro impronta sulla tabula rasa della mia mente, si accumulano e si associano, si rianimano insieme, d iventano incubo.
“Domani mattina alle otto adunata al cancello; si andrà all’ospedale per la puntura!”
Ospedale e puntura, e non è la prima, è una delle tante della serie… quando si stancheranno di forare le braccia a un migliaio di individui, che non chiedono che tranquillità?
In verità gli Americani tengono alla nostra salute. Però uno siero anti “furuncolosi” non esiste. Ancora non mi è guarito quel piccolo ascesso al piede, che già ne esce un altro sul ginocchio.
All’ospedale c’è la “Nurse”; ci sono stato tre giorni con un po’ di faringite, mi portava l’acqua fresca pompelmata, però anche il liquido per i gargarismi, “gargle!” diceva. Era gentile!.
«Ancora un’altra puntura!»
Anche l’antitetanica è nel numero. Io spesso e volentieri cammino scalzo, non si sa mai, le disgrazie succedono facilmente…
Improvvisamente nella mia mente la realtà si confonde con l’immaginazione, il reale con l’irreale, il possibile con l’impossibile… È l’incubo che prende possesso del mio cervello!
«cos’è che esce dal mio piede? sangue, sono ferito, è sangue vermiglio che sgorga bagnando la terra» lontano, l’urlo di una sirena. l’autoambulanza? Per me?
Sono steso su una barella, ma non sento nulla e mi chiedo il perché, perché quegli uomini bianchi mi trasportano attraverso corridoi e letti bianchi, tutto è bianco… solo il sangue è vermiglio e scorre tiepido e silenzioso… mi posano lentamente su di un letto, tutto è silenzio, le cose sembrano avvolte nel velluto… altri uomini bianchi si avvicinano, una mano mi prende una mano, “clich”, un rumore secco e distinto, una trafittura, una puntina è entrata nel polpastrello dell’indice della mia mano, dal forellino esce una goccia di sangue, la fanno cadere su un piccolo vetrino da microscopio, è analisi… ma non è finita, altre mani si avvicinano minacciose, lentamente, brandiscono piccoli cilindri di vetro terminanti in finissimi e lucidi aghi… tetano… tifo…
“No! No! Perché? Basta, basta, basta con punture! No, lasciatemi!”
Mille mani mi tengono, mi prendono, soffoco, vedo mille punte metalliche luccicare…
“Perché? no! Basta!”
Un viso di donna appare fra quelle mani protese, fra quello scintillio d’acciaio, è la “Nurse” no, è Adriana! È Adriana che mi guarda, che mi sorride; la chiamo.
Le mani restano immobili sospese nel vuoto, una pace improvvisa e strana scende su di me, la mia voce quasi non si ode:
“Un bacio, solo un bacio, prego, poi…”
Odo nel silenzio il mio cuore che batte, odo nel silenzio il fruscio lieve di Adriana che si avvicina… “Adriana, sei tu?”
Le sue mani lievi mi prendono il viso, vedo le sue labbra belle e socchiuse che si avvicinano alle mie, mi baciano sulla bocca lievi lievi, ne sento la morbidezza e il profumo
“Adriana!”
Ma l’incubo svanisce, rimane la realtà; rimango io solo con la mia solitudine.