Tullio de Mauro, pensieri autobiografici

Quel pomeriggio a Teatro mentre parlava il prof De Mauro, seduta nella penombra del teatro ascoltavo parole che mi risuonavano dentro. De Mauro è un esperto di parole, un linguista raffinato, che ha fatto del nostro bellissimo italiano oggetto di studio e di amore. Non mi sono stupita quindi quando ha raccontato che noi nasciamo e cresciamo con le parole che ci sono date in dono fin dalla nascita. Impariamo dalle parole, le viviamo, le accarezziamo in tanti modi diversi pronunciandole da nord a sud con musicalità differenti.
Avevo già letto il libro “Parole di giorni lontani”; ogni capitolo una parola che suscita ricordi, sì linguistici, ma anche affettivi, piccoli cammei, finestre che si aprono e subito si richiudono, per dare possibilità ad altre parole di venire verso di noi.
Appena terminato l’intervento, appena consegnata la targa, appena il professore era sceso dal palco, mi ero precipitata a scrivere un appunto su FaceBook. Chi mi conosce sa che non sono molto amante dei socialNetwork, ma mi sembrava il solo modo di urlare al mondo che mi ero emozionata, che le parole pronunciate avevano anche a me suscitato ricordi.
Per un errore (sembra impossibile, ma anche io cancello inavvertitamente ciò che scrivo) il post è sparito, ma ricordo bene quello che avevo scritto.
Tullio de Mauro, parecchi anni prima, mi aveva fatto intuire la grande potenzialità della interazione tra lingua e calcolo. Calcolo come numeri, come ragionamento scientifico, in un piccolo libro, che credo che pochi conoscano dal titolo “Contare e raccontare. dialogo sulle due culture” scritto a quattro mani con un altro gigante della cultura italiana: Carlo Bernardini.
Leggendo il dialogo che i due studiosi tenevano… Caro Tullio… Caro Carlo… avevo cominciato a capire che umanesimo e scientificità sono si ai poli apparentemente opposti di una linea, ma che comunque tra quei due poli esiste una corrente potentissima che alimenta entrambi.
Paradossalmente come un Giano bifronte non limitano il loro sguardo solo dove sono diretti gli occhi, ma ampliano la conoscenza a 360 gradi. Il cervello che sta tra le due facce del Giano è unico, e gli stimoli da davanti o da tergo arrivano sempre lì, dove si incontrano e si elaborano a vicenda.
Leggendo quel libretto piccolo e sconosciuto ho capito che la mia scelta di conciliare l’umanesimo e l’informatica era giusta, che le parole, monadi linguistiche, pronte a unirsi alle altre per formare frasi, per suscitare ricordi, sono simili ai numeri che a loro volta si uniscono a creare una lingua nuova capita dalle macchine, che ci portano verso il futuro.
Ecco tutto questo ho pensato mentre ascoltavo Tullio De Mauro. Magari invece qualcun altro ha pensato diversamente, ma questo è il bello della molteplicità.

Di che cosa si parla in questo brano:
Tullio De Muro, Parole di giorni lontani, Il Mulino, € 10,00 – 8815108890
Carlo Bernardini, Tullio De Mauro, Contare e raccontare, dialogo sulle due culture, Laterza, € 9,50 – 8842068489

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