Trentasette e mezzo, ma non è febbre!


La battuta non è mia ma del grande Franco Bragagna commentatore dell’atletica olimpica. Che cosa dicevo stamattina? Che le Olimpiadi si susseguono tute uguali, Ma che cavolata ho detto! Perché ogni tanto, e ultimamente neanche tanto raramente, ci sono giornate che rimarranno nella storia dei Giochi Olimpici. Come oggi.
Tre medaglie d’oro, snocciolate una dopo l’altra mattina, pomeriggio e sera messe lì sullo schermo Tv come se niente fosse. La prima medaglia d’oro di un donna, con una “passeggiata” di venti chilometri nell’alba giapponese, una margherita tra i capelli, i piedi che macinano un passo dopo l’altro, senza mai correre perché è proibito. Nel giorno del suo compleanno Antonella (Palmisano) ha festeggiato i suoi 30 anni con il regalo più bello, anche se il dono arriverà concretamente solo domani durante la premiazione. Antonella è una rappresentante della terra pugliese, di un piccolo paese del tarantino come l’altro vincitore nella marcia di ieri. Una ragazza solare e sorridente con la sua margherita tra i capelli a sottolineare la sua femminilità.

Nel pomeriggio arriva all’improvviso a riempire lo schermo Tv un ragazzone in Kimono (si chiama così?) che con calci, pugni e strattonate ne mette al tappeto un altro. Dicono che si tratta di Karate, tutta un’altra cosa del Karate elegante della fanciulla di ieri. Luigi (Busà, con l’accento sulla a) per non lasciare adito a dubbi il nome ce l’ha scritto anche in bocca, sul paradenti che gli protegge la dentatura. e quando l’arbitro lo indica come vincitore comincia a saltare a urlare, a ballare con una energia incontenibile. Tutti, credo, davanti alla Tv sono rimasti senza parole, ma lui le parole ce le ha, perché si sentono fino in Italia. Poi durante la premiazione scombina tutto il protocollo cantando a squarciagola l’inno nazionale, calando al mascherina, sbracciandosi e ritmando la musica, tenendosi il cuore che credo in quel momento stia per scoppiargli.

A sera inoltrata -giapponese- entrano in pista i 4 della staffetta 4×100. Ci crediamo? Sì, ma è più una speranza utopica che una certezza. Ma sì, “Non c’è il due senta il tre” e cavolate simili. Allo sparo sono in piedi, urlo, meno male la mia casa è insonorizzata, e poi anche se mi sentono chi se ne frega! Salto, mi sbraccio, le mie pulsazione vano sù. Partenza di Lorenzo (Patta), primo cambio -ottimo- parte Marcel, recupera, recupera, recupera, passa il testimone a Eseosa (Desalù) che fa una curva perfetta, nuovo cambio con  Filippo (Tortu), un po’ stretto -accidenti- ma anche lui recupera sull’inglese e si butta sul traguardo. 35,5! Non è febbre è medaglia ed io urlo a più non posso, non riesco a fermarmi. Filippo si mette le mani nei capelli, non ha capito, che è sulla vetta del mondo!

Domani la premiazione e allora con la medaglia al collo tutti e quattro capiranno che hanno fatto una impresa che rimarrà nella storia. Così come ancora ricordiamo Berruti e Mennea, ricorderemo questi ragazzi che sono stati capaci di mettere in fila dietro di loro i migliori velocisti.

Ed ora mi fermo qui. Perché sono ancora emozionata, delle tre imprese perché ognuna vale la storia, vale il nome sull’albo d’oro, vale la memoria. Sei storie dietro a queste tre medaglie, cinque ragazzi e una ragazza, sei famiglie, fidanzate, mogli, marito, figli, e genitori che li hanno cresciuti e hanno creduto in loro. Ci sono sacrifici, sofferenze, tenacia, allenamenti, sudore, c’è il Covid che voleva fermarli, ed ora appartengono alla storia dello sport.


Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: