Tre parole: Storie – Solitudine – Silenzio

(Il testo è del mio amico Pino Tossici. L’ho ritrovato nei meandri della mia memoria digitale e mi piace ricordarlo così, con le sue parole. È stato scritto nel febbraio del 2011, o almeno io l’ho archiviato in quella data.)

Storie – Forse è vero che le Storie vengono da un paese lontano dove siamo già stati, chissà quando, chissà se, chissà se noi. È per questo che ci fanno compagnia, perché un paese vuol dire non essere soli, perché è dentro le storie che si avvera l’epifania dei figli mai nati, degli amici lontani, degli amori  sognati, del dolore nascosto. In tavola vino e caffè: siediti e bevi, cresci e moltiplicati, nel mio cuore o dove ti pare, è questa casa tua. 
Le storie accolgono e contengono, ti fanno più larga la vita, meglio che più lunga. Quello che ti manca lo puoi ricordare, quello che non sai puoi scoprirlo raccontandolo. Vuoto e mistero fanno meno paura se li metti dentro una storia, se li porti lì con te. Sei un narratore, la storia è un porto sicuro, fidati.

Solitudine – La Solitudine è una presenza complicata, piena di assenze e fantasmi. La lettera non spedita, il telefono muto, lo specchio che raddoppia stanze e distanze, il pensiero che stanotte non lasci passare. È il punto esclamativo che sopravvive alla fine della frase appena cancellata. È la ritmica, ipnotica intermittenza del cursore di Word che indica dove scrivere la nuova parola. Ma è pure raccogliersi, udirsi, saper mangiare di sé.
La solitudine porta Silenzio anche in mezzo al rumore.

Silenzio – Guido assorto verso casa, piedi, mani e occhi fanno da soli, memoria automatica, coscienza zero. Guido veloce stanotte, solo dentro a una storia, la strada, i semafori, i vulavà: un euro al primo, così mi lascia la schiuma sul vetro e quelli dopo capiscono che ho già dato. Nemmeno una parola, un mondo di gesti sospesi, l’abitacolo ovattato, il monologo muto del tergicristallo. Un acquario.
Il silenzio annuncia la scoperta, racconta l’inesprimibile, è l’ultimo confine con la parola.
È l’omino leggero che in una notte felliniana di luna piena, in mezzo alla campagna, si affaccia su un pozzo e sussurra: “Eppure io credo che se ci fosse un po’ più di silenzio, se tutti facessimo un po’  di silenzio, forse qualcosa potremmo capire”.
Lui lo sa che la vita è bella e che la luna ha faccia di donna e voce di soprano.
Fine della storia, parcheggio, dissolvenza.


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