
In questo periodo ho bisogno di tempi lenti, se prima per fare qualcosa mi ci volevano 10 minuti ora ho bisogno del doppio di tempo. Non riesco più a essere scattante e fulminea, vorrei, ma non ci riesco.
Ho bisogno di programmare, di prendermi i miei tempi, di pensare se una cosa la posso fare oppure devo rimandare, devo ottimizzare le incombenze, la spesa, la cucina, le uscite. Se non mi preparo mentalmente non riesco a fare niente. Le cose da fare improvvisamente mi mettono ansia. Devo essere preparata mentalmente e sapere con precisione tempi e modi. Non so perché, forse è la vecchiaia – la cosa più probabile – che non mi dà sicurezza in quello che devo fare.
Poi, in effetti, le cose le faccio, e spesso anche bene, con efficienza e senza problemi, ma partire è difficilissimo. È l’aire che mi manca.
E allora? Allora niente, è così, devo accettarlo e farlo capire a chi mi sta vicino che non posso più fare le cose che facevo 10 anni fa. Che la stanchezza diventa cronica, anche se si riposa, anche se si sorride e anche se l’aspetto è apparentemente florido. Si cambiano gli obiettivi, si rallenta, si accetta la nuova condizione, si accettano i nuovi tempi allungati e stiracchiati, si accettano le dormitine in poltrona per ritemprarsi e si rinuncia a qualcosa. Importante è capire che anche stanca sono sempre io, diversa, ma sempre io con i miei progetti ridimensionati, i miei desideri posticipati, ma la mia curiosità intatta. Sì sono sempre io, e mi piaccio anche così.
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