Ci sono giornate in cui non succede proprio niente… e ce ne sono altre in cui gli avvenimenti si accavallano uno dietro l’altro e sai che non è possibile fermarli. Non resta che adeguarsi e attendere. Mettere in atto quella che chiamo strategia della pazienza. Agitarsi non serve, starnazzare come una gallina in un pollaio serve solo a sollevare più polvere che risultati.
Oggi la giornata è cominciata bene, mi sentivo bene, abbastanza in forze da decidere di prendere la macchina e fare il chilometro che mi separa dal supermercato per acquistare alcune cose che si erano rese indispensabili come il sale, il detersivo per la lavatrice, il latte, e fare scorta di pane da stipare in freezer.
Il resto è già tutto in dispensa e frigorifero.
Sono contenta torno a casa con la mia spesa da riporre, mangio qualcosa prima di mezzogiorno perché oggi avevo appuntamento con il mio angelo alle 12. Dobbiamo fare doppia tappa, doppio ospedale. Prima sosta a Santa Maria Nuova per la visita di controllo mensile, poi a Ponte a Niccheri per il mio appuntamento con Radio.
Tutto fila liscio, l’appuntamento funziona alla grande e se non fosse per quegli orribili strumenti che ogni volta mi ficcano in gola sarebbe quasi piacevole. Il responso è che “va tutto bene” (#vatuttobene).
Ritrovo il mio autista fuori sulla piazza e ci dirigiamo al prossimo appuntamento. È presto, arriviamo con quasi 1 ora di anticipo per cui decido, visto che negli ultimi due giorni il Pic mi dava fastidio di salire al terzo piano per farlo controllare.
Entro nel triage e mi misurano la febbre, per altro già controllata ben due volte prima di quel momento -a SMN e a Radioterapia-. 37 e 2. No si passa. Cambiamo orecchio: 37 e 3. Mi fanno attendere 10 minuti per vedere se scende, forse sono accaldata per il caldo della giornata più che primaverile… Riprovano, 37 e 4! Cavolo, che succede? Salendo di piano sale anche la febbre? Niente da fare, mi mettono in una stanza completamente vuota, solo un tavolo e una sedia coperti da teli sterili. Arriva una infermiera che sulla porta si veste alla maniera del Covid-19. tuta, calzari, doppi guanti, maschera. Io non so se ridere o incazzarmi con me per l’idea che ho avuto di salire. Metto in atto la strategia dell’attesa… vediamo che succede.
L’infermiera mi medica il pic e mi fa un prelievo di sangue, in effetti la pelle è un po’ arrossata… ma niente di grave. Mi dice di attendere che sarebbe arrivata la dottoressa… Eccola anche lei infagottata in indumenti che secondo me sono una teglia troppo piccola. Mi visita, auscultazione dei polmoni e mi dice che forse la febbre è dovuta a un abbassamento dei globuli bianchi. Caro Chemio, che scherzi mi fai? Non resta che aspettare l’sito dell’esame del sangue che mi hanno prelevato. Intanto l’infermiera si sveste di tutti gli strati e mi lascia sola nella stanzetta.
Il mio pensiero non è per la situazione assurda in cui sono piombata, ma per il povero ragazzo che mi sta aspettando in macchina e che si chiederà che fine ho fatto. Decido di telefonargli e mi scuso, sono bloccata, appena mi liberano scendo. Finalmente la analisi arrivano. Perfette, nessun calo dei globuli bianchi, mistero assoluto sull’origine della febbre… decidono di liberarmi e farmi scendere, non sia mai che perda un incontro con Radio. Caro Chemio ci hai provato, ma non ti è andata bene!
Scendo faccio la seduta e finalmente con più di un’ora di ritardo esco a “riveder le stelle” che nel mio caso è solo il sole che batte ancora forte.
Via, ci siamo torniamo verso casa. Ma poteva andare bene? Sul lungarno una paletta ci fa segno di fermarci: controllo. Mi sembra strano… una macchina con i contrassegni dell’Auser, autista con pettorina con su scritto volontario. La vigilessa si avvicina al finestrino e chiede con aria dubbiosa: è al lavoro? Poi guarda le scritte sulla fiancata e ci fa cenno di proseguire. Io e il mio angelo ci guardiamo con aria un po’ scettica, sorge la domanda: forse si annoiava… ma finalmente proseguiamo.
Arrivo a casa che sono le 16 passate. Mi sento in colpa per chi mi ha accompagnato, spero che abbia mangiato prima di venirmi a prendere a mezzogiorno, mi scuso trenta volte, anche se lui dice che non devo scusarmi. Ma io lo faccio lo stesso.
In casa, finalmente in casa, mi sembra il più bel rifugio, mi faccio un tè e mi metto in poltrona. Basta, per oggi basta, stasera attendo la videochiamata di mio figlio e poi mi metto in orizzontale, anche se in TV c’è Grey’s Anatomy. Lo registro… altrimenti la tecnologia che cosa ci sta a fare?
Spero solo che domani vada tutto liscio, non sopporterei un’altra giornata così.
Verissima la massima: Quando si smette di pensare a ciò che può succedere, si inizia a godere di ciò che sta succedendo. Ed io nonostante la stanchezza mi sono goduta oggi momento per momento.
Ieri sera ho visto uno dei film che mi ero persa l’anno scorso: Green Book. Mi è piaciuto molto come è stato reso il rapporto dell’autista bianco e un po’ mafioso e l’artista nero un po’ fuori del mondo.
L’immagine della locandina richiama molto come sono io dietro il mio angelo alla guida. Un po’ azzardato… ma ridiamoci su.