Silenzio


SanSperate
Una delle pietre musicali di San Sperate in Sardegna. Il silenzio della pietra che prende vita e suona una melodia apparentemente impossibile. Sono contenta di esserci andata.

Quando l’offesa non è degna di risposta, disarmali col silenzio.

La mia casa -l’ho detto tante volte- è molto silenziosa. Ora col coronavirus che scorrazza la fuori lo è ancora di più. Le macchine sono scarse, gli autobus pure, le finestre con i doppi vetri schermano benissimo il poco traffico. Ogni tanto vedo passare sul marciapiede qualche testa sembrano quasi mozzate,  come  fantasmi che dietro il velo delle tende assumono una consistenza irreale.

La camera sul giardino è ancora più silenziosa, ma in compenso inondata di sole nel pomeriggio. La gatta si stende sulla finestra e il suo pelo diventa quasi bollente. Io sto rintanata in questo silenzio che diventa sempre più assordante. Cerco di dimenticare il dolore, il bruciore che mi avvolge immergendomi in infinite serie tv, una dietro l’altra, che mi stordiscono, guardo serie con storie di medici, forse perché immergendomi nelle malattie degli altri dimentico la mia.

Ho anche messo in funzione la cuffia, non servirebbe, a chi posso dare fastidio se tengo il volume un po’ più alto, ma con la cuffia mi sento avvolgere dal suono e mi isolo dal mondo.

Ogni tanto mi alzo dalla poltrona e vado in cucina, ho fame, ma non riesco a mangiare niente e allora cerco di sfamarmi quando mi sento più ispirata… oggi mi andava del sedano, era fresco e mi pareva che mitigasse il sapore di salato che sento sempre in bocca. Ma perché sento tutto salato? Mi sciacquo, faccio i gargarismi, passa per un po’ e poi ritorna, inesorabile, implacabile, irreparabile.

Mi guardo nello specchio e non vedo sofferenza, nelle video chiamate mi dicono che mi trovano bene, ed è vero, a parte il fuoco che mi sale da dentro non trapela nulla, solo il collo è arrossato, però è coperto dalla mia inseparabile sciarpa verde.

Desidero mangiare, vorrei mangiare qualcosa di buono, oltre ai telefilm non faccio che guardare video di cucina, dolci, focacce, paste asciutte succulente, presentate da cuochi e cuoche che nelle loro cucine si danno da fare per solleticare l’acquolina di chi guarda. Io ne sento quasi il profumo e non vedo l’ora che tutto passi per rimettermi anche io ai fornelli. Dio come mi piace! Mi nutrirei anche solo di quello, ma non si può… devo mettere anche ora qualcosa nello stomaco, che oggi va meglio, e allora escogito cose improbabili, liquide, fresche, o nutrienti che nel 50 per cento dei casi finiscono nella spazzatura. Quanta roba ho buttato in questi giorni! Tutto contro i miei principi di non spreco, ma non ce la faccio proprio!

Stasera invece sono contenta, sono riuscita a trattenere una minestrina con un uovo dentro, l’ho mangiata tutta, pasta scotta, il più possibile e ovo sbattuto, senza formaggio però che mi disgusta.

L’ho fatta raffreddare e sono riuscita a mangiarla in tre riprese, non chiedetemi che sapore avesse… l’importante è che l’abbia mandata giù.

Domani si riprendono i viaggi all’ospedale, manca una settimana, il count-down comincia, martedì sarà il giorno del terzo incontro con Mister Kemio. Sempre di martedì. Come sarà? mi manderà su o giù? La ruota dell’ottovolante come girerà? E pensare che non mi sono mai piaciute le giostre.

Ho visto che su FB circolano dei post che ricordano che oltre al Covid-19 ci sono anche i malati oncologici. È bello che ci si ricordi di noi, siamo tenti/tante, ne incontro ogni giorno che vado, sempre diversi/e, donne e uomini, giovani e vecchi, tutti con una grande dignità, silenziosi nella loro sofferenza che immagino simile alla mia. Non c’è bisogno di sbraitare, arrabbiarsi, tanto non si scappa, la pazienza è la virtù che va praticata costantemente, la fiducia è il sentimento che deve essere sempre presente, senza fiducia nelle cure che cosa ci vai a fare?

Quando sono sdraiata nel letto con la flebo nel braccio le vedo -li vedo- chi ha un libro da leggere, chi ha le cuffie per la musica, qualcosa per distrarsi dai “bip, bip” che si susseguono come una musica e che avvisano che una sacca si è esaurita. Le infermiere corrono da un paziente all’altro e sostituiscono le bottiglie e i medicinali che gocciolano in vena, in un balletto continuo.

Martedì succederà tutto questo.

Intanto -6, -5, -4 ecc. la meta si avvicina, la vetta della montagna sempre più vicina.

E io nel silenzio, un silenzio così forte che mi fa sentire il rumore del mio corpo nelle orecchie e sui polsi aspetto, cerco di distrarmi da quello che succede fuori. Non guardo neppure più i telegiornali, che se i capita, mi danno angoscia, penso… a cosa? al mondo che c’è fuori e che non so come ritroverò, alle persone che mi sono care e che stanno pensando a me così come io sto pensando a loro, a mio figlio, a mio nipote che mi manda i video per farmi vedere quanto è bravo -come se ce ne fosse bisogno- a mia nuora che da domani tornerà a lavorare con più frequenza, a chi sarà il mio nuovo autista.

E così la giornata volge al termine, anche questa domenica di vigilia se ne è andata, sto bene, è ora di andare a dormire, sperando in un sonno tranquillo. Si ce la farò. Anche la Micia me lo dice venendo a fare la pastella accanto a me.


Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: