Serhij Žadan: “Il convitto”


Lettura faticosa quella che ho portato avanti in un periodo storico in cui tutte le certezze sembrano cadere e le sicurezze si sgretolano.

Il convitto è un romanzo che stringe lo stomaco in una morsa di paura, in cui a ogni pagina si chiede «perché?» e se ogni personaggio è amico o nemico.

È indubbiamente un romanzo di formazione in cui l’evoluzione del “perdente” piccolo professore di lingua ucraina – uomo senza qualità – si dipana nei tre giorni che impiega per andare a prendere il nipote relegato dalla sorella in un convitto dall’altra parte della città. Che città non è dato sapere, ma si presume nella zona del Dombass teatro della guerra separatista del 2014, guerra sconosciuta e sottovalutata ma non meno cruenta e devastante.

Tre giorni d’inverno in cui Paša decide di mettere in atto il suo personale atto di coraggio attraversando territori occupati alternativamente da governativi e separatisti, camminando nella neve sporca per le esplosioni e gli incendi, diventando parte di una umanità in fuga da case distrutte e da un mondo sconvolto, facendo incontri  con chi opprime e con chi fugge, mettendo a rischio la propria vita per andare a riprendersi il nipote.

Tre giorni che sono una resurrezione, dalla morte alla scoperta che si può essere coraggiosi anche senza far niente di straordinario, ma solo cercare di sopravvivere. 

Dopo aver recuperato il nipote Saša appena prima che il convitto venga saccheggiato e distrutto il viaggio di ritorno diventa se possibile ancora più difficile con la responsabilità di proteggere il ragazzo e finalmente portarlo a casa. Ed è anche il giovane che cresce assieme allo zio, si fa protettore e complice appoggiandosi a lui, ma anche aprendogli gli occhi su quello che è il mondo che sta fuori del piccolo cerchio famigliare. Il nonno sempre davanti al televisore, la madre cuccettista su treni che viaggiano quando è possibile. I due nel loro viaggio verso casa incontrano una varia umanità fatta di donne che scappano con borse piene di nulla, soldati che non si sa mai se amici o nemici… ma che cosa vuol dire? I soldati sono tutti nemici o amici a seconda del momento in cui li incontri. Una prostituta triste, un vecchio pazzo, un medico che nel caos si prodiga per salvare la vita a un giovane soldato sono figure che entrano nel mondo che si va disgregando. C’è la morte che insegue e si materializza nel fumo nero, nella carcasse degli animali, in cinque grumi neri che inseguono i due protagonisti sfiniti dal freddo e dalla fame: cinque cani latranti che aspettano di azzannarli e divorarli. Paša pensa«È lei, la morte, che da tre giorni non mi perde d’occhio, è lei che emana questo greve odore di cane bagnato, è a me che da la caccia è contro di me che prende la mira».
La fame, gli odori, la puzza di marcio di ciò che si va decomponendo, l’odore dell’umidità che impregna i vestiti, perseguita i due fuggitivi.

Il libro che ho appena letto mi fa capire che esiste il male assoluto e la cattiveria totale. Ia morte è sempre in agguato, ma il bene e il male possono convivere e i conflitti possono essere appianati, anche se poi guardi fuori dalla finestra o dentro quel piccolo schermo che porta in casa e il mondo e arriva lo sconforto.

Il convitto di Serhij Žadan – Edizioni Voland
Formato Kindle 7,99 €
Copertina flessibile 16,15 €


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