San Vincenzo si racconta: introduzione

Questa che segue è l’introduzione del libro scritta da me.

Sono arrivata la prima volta a San Vincenzo quasi due anni fa, quando sono stata invitata a tenere un intervento sull’uso della metodologia autobiografica nelle storie di vita, da uno dei tanti circoli di studio che, ho saputo dopo, erano fioriti in questa cittadina.
Non ero mai stata a San Vincenzo, ma nemmeno in altre località balneari della costa, le mie origini emiliane mi avevano portato più sull’Adriatico che sul Tirreno nelle vacanze estive. Arrivando nella cittadina sono entrata piano piano nel paesaggio dolce e riposante delle colline che la circondano, ho sostato davanti allo spazio immenso del mare che la fronteggia, ho respirato l’aria frizzante, mi sono stupita della luce che inonda ogni cosa e ho potuto conoscere i suoi abitanti e la sua storia.
È stata una conoscenza particolare, nei lunghi tempi che ha comportato il progetto. Ogni volta che arrivavo col treno acquisivo un pezzetto in più di amicizia e confidenza, ma non come potrebbe fare una qualsiasi turista; non ho infatti mai frequentato la spiaggia, non ho visitato i luoghi caratteristici, non ho esplorato i dintorni, la mia conoscenza è stata per interposta persona perché ogni volta che scendevo a San Vincenzo una nuova storia mi aspettava, una nuova vita veniva a far conoscenza con me nelle parole scritte della sua storia. Ciascuno dei volontari che sono andati a raccogliere le biografie mi ha presentato i suoi concittadini, ho conosciuto così donne e uomini e sono entrata nei modi di dire, di vivere, di agire di ciascuno.
Quando all’inizio mi è stato proposto di dare il mio contributo alla realizzazione del progetto“San Vincenzo si racconta” mi sono sentita divisa da due sentimenti contrapposti; il primo era il timore di non farcela ad entrare in una realtà così lontana e diversa dalla mia e di superare le difficoltà di condurre un progetto impegnativo a distanza, con incontri frequenti sì, ma non con una presenza in loco; il secondo era la curiosità e l’entusiasmo di affrontare una sfida, la fiducia nelle persone che me lo avevano proposto, la determinazione che avevo visto nel primo incontro col Circolo di Studio di andare avanti a conoscere la storia e le storie della propria città.
E abbiamo cominciato… nel dicembre 2004 è iniziato il percorso di formazione del gruppo di volontari autobiografi, all’inizio dieci poi otto persone che mi hanno seguita fino alla fine del progetto. Maria Grazia la dolcezza, Maria Luisa la semplicità, Gianfranco la serietà, Silvana l’entusiasmo, Francesco la leggerezza, Tamara l’efficienza, Valeria l’impegno, Stefania la perseveranza. Otto persone che non potrebbero essere più diverse una dall’altra: s ei donne e due uomini in rappresentanza di tutti i cittadini di San Vincenzo.
L’età va da 30 a 65 anni con tutti i gradini intermedi. Le professioni esercitate sono un campionario della società attuale, dal disoccupato al pensionato passando per i lavori atipici, il lavoro in proprio e il lavoro dipendente. Questo gruppo, così eterogeneo all’inizio, nel passare del tempo ha acquisito una comune sensibilità, ogni persona partendo
dalla propria esperienza, riflettendo sulla propria vita è riuscita a far propria la metodologia
comune del “raccoglitore di storie”, attento al rispetto e alla dignità dei narratori.
Sono sorti dubbi e incertezze: come si poteva entrare nelle vite degli anziani e farsi aprire la porta dei ricordi senza dare l’impressione di violare uno spazio personale e individuale?
Come si potevano poi rendere le storie senza tentare di manipolarle, senza invadere, mettendosi quasi da parte? Come si potevano riunire storie scritte da persone le più diverse, con diversi stili senza che lo scrittore prevalesse sul narratore?
Il compito è stato quindi difficile, ma le storie che ora sono stampate e prima ancora sono state rese ai protagonisti, stanno qui a dichiarare che è riuscito. Ogni testimone si è riconosciuto nella propria storia, il dono della storia scritta è la risposta al desiderio di ciascuno di narrazione. Certo ciascuno dei protagonisti avrebbe forse potuto scrivere personalmente la propria storia, ma in questo caso non ci sarebbe stato il riconoscimento della propria dignità di testimone.
Ciascun biografo ha incontrato più volte chi narrava, prima registrando le parole dette, dopo la fedele sbobinatura ripassando i punti non chiari, poi una volta scritta la storia in forma narrativa rileggendola al protagonista, per restituirla come dono al legittimo proprietario.
So che ci sono stati momenti di commozione, il riconoscersi nella storia provoca sempre uno sdoppiamento, un vedersi negli occhi dell’altro, sentire una voce rievocare le proprie passioni, le aspirazioni, i mutamenti, le gioie, ma anch e i dolori, è spesso un tornare indietro nel tempo, è come fare un bilancio. Come però osserva uno dei volontari: “Oggi non sarebbe se non ci fosse stato ieri, quell’Ieri” anche ogni testimone, ogni narratore ha raccontato la sua storia come una conseguenza del proprio vivere, delle proprie scelte, degli accadimenti cercati o fortuiti avvenuti nella propria vita.
Le testimonianze sono state raccolte tenendo ben presente quelli che sono i nodi tematici e le apicalità della vita: ‘amore, morte, gioco, lavoro’ sono i quattro vertici attraverso i quali si snoda ogni esistenza. Ciascuna storia è un piccolo romanzo, compiuto fino al momento della narrazione, iniziato nel momento della nascita ma non concluso. Per questo a volte ci si trova davanti a brusche interruzioni della storia come se ci fosse una aspettativa per il giorno dopo e gli altri ancora, un implicito dire: “La storia continua, io ci sono, sto vivendo e proseguo il mio cammino.” Lo stupore che si coglie leggendo è che ogni personaggio è proiettato verso il domani, anche quello più vecchio, più malato, ha un pensiero, una speranza
verso l’avvenire. La memoria non rimane qualcosa legata solo al passato, ma fa da ponte verso il futuro.
Le storie inoltre sono tutte intrecciate, perché avendo vissuto tutti i protagonisti in un piccolo paese, non possono non essersi incontrati, non aver conosciuto le stesse persone, non aver frequentato gli stessi luoghi. Ciascun testimone racconta però come se la sua storia fosse l’unica, la vera; il paese assume mille sfaccettature, visto da occhi diversi, gli avvenimenti piccoli o grandi, felici o tragici sono unici anche se raccontati e vissuti da più protagonisti.
Per questo si è pensato di redigere un indice dei luoghi e dei nomi, perché questi intrecci fossero più evidenti, per capire chi erano le persone nominate nelle storie e dove fossero i luoghi transitati dai nostri testimoni.
Come succede anche nella vita, i narratori sono stati contattati, in un primo tempo, quasi per caso, superando le diffidenze iniziali di una richiesta che spesso stupisce: “Perché proprio io? La mia vita è stata normale! Non ho niente da dire.” E invece da questo niente sono nate le storie che meritano romanzi, i piccoli fatti quotidiani sono per noi che leggiamo storia, microstoria che si dilata e valica i confini della cittadina.
In seguito, poi, molti altri avrebbero voluto raccontare, ma i tempi stretti del progetto hanno impedito di continuare la raccolta delle interviste. L’augurio è che si possa, in futuro, proseguire a scrivere le storie dei sanvincenzini.
Ogni biografo ha poi scritto un suo personale breve ritratto da anteporre al gruppo di interviste realizzate, che non sono state raggruppate per temi. Sarebbe stato difficile dividerle tematicamente dal momento che molti dei testimoni sono passati da esperienze le più varie quasi a voler avallare il concetto di uomo flessibile, ma soprattutto perché ciascun biografo ha comunque lasciato la sua impronta leggera sulla storia, ha tradotto le parole in scrittura secondo la propria sensibilità.
Una considerazione a parte va fatta per il linguaggio che si è cercato di mantenere il più fedele possibile al parlato. Forse, a volte la sintassi non è perfetta, la grammatica non è l’ideale, ma questo succede quando si cerca di trascrivere l’intervista senza sacrificare le espressioni colorite della parlata livornese, la sagacia e la saggezza dei modi di dire. Per questo, per facilitare la lettura di chi non risiede in zona si è redatto un piccolo glossario.A conclusione di tutto il lavoro non posso che rivolgere un pensiero e un ringraziamento a tutti i testimoni che ci hanno donato la loro storia, che ci hanno accolto nelle loro case, che hanno acconsentito a parlarci della loro vita. A tutti va il mio e il nostro, ringraziamento:


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