Qui pro quo

 «Secondo me c’è stato un qui pro quo!» disse la donna con tono perentorio, mentre saliva le scale dell’appartamento che aveva affittato al mare.

«Signora, nessun qui pro quo! È lei che ha sbagliato giorno di arrivo, l’appartamento sarà pronto solo da domani.» rispose l’omino che la seguiva, cercando di calmare quella che più che una donna sembrava una furia umana.

«Aspetti! dove va? Le ho detto che l’appartamento è ancora occupato, non può fare irruzione, mica è casa sua!»

«Le dico che non mi sono sbagliata, è lei che ha fatto confusione ed ora mi apre l’appartamento o chiamo i carabinieri!»

«Signora, chiami pure chi vuole, ma non posso farci niente, la famiglia che c’è stata questa settimana ha diritto a starci fino a domani e domani dopo le 11 lei potrà entrare. Adesso è impossibile»

«Impossibile è una parola che non compare nel mio vocabolario. Mi dica quanto vuole per far finire questa buffonata. Sono stanchissima del viaggio e devo farmi assolutamente una doccia.» Mentre pronunciava queste parole la donna se ne stava sull’ultimo gradino in posa minacciosa, guardando l’ometto sudato che si passava un fazzoletto sulla fronte e che cercava di metterle i bastoni tra le ruote.

«Ma dico, chi si crede di essere? Ho pagato da sabato e da sabato voglio entrare nell’appartamento che ho affittato. Se non succede immediatamente» e sottolineò immediatamente con un dito puntato verso l’alto «la denuncio! E poi staremo a vedere…»

L’ometto, che sembrava ancora più piccolo sotto di lei, con un piede su e uno giù dai gradini, non sapeva che altro dire e fare. Cominciò a insinuarsi in lui il dubbio che avesse davvero sbagliato a prendere la prenotazione, ma poi si rassicurava da solo dal momento che tutte le prenotazioni andavano da domenica a domenica e oggi, era indubbiamente sabato.

Ma chi glielo aveva fatto fare quel mestiere! Clienti mai contenti, appartamenti lasciati in condizioni pietose da marmocchi che non avrebbero dovuto esserci, domeniche passate a correre da un appartamento all’altro per verificare che tutto fosse in ordine e l’agenzia di pulizie avesse fatto il proprio lavoro in modo almeno decente! Ed ora quella furia umana che sbagliava il sabato per la domenica e se ne stava incombente sopra di lui agitando un dito e sbraitava con quella sua bocca rosso sangue che sembrava se lo volesse mangiare.

La furia era arrivata alla porta e perentoriamente cominciò a bussare, ma non ricevendo risposta ricominciò.

«Vede? Non c’è nessuno! E lei mi fa stare qui al caldo mentre potrei entrare e rinfrescarmi un po’.Secondo me si è inventato tutto e ora chiamo i carabinieri»

Così dicendo tirò fuori dalla borsa un cellulare ricoperto di strass che mandò un bagliore sinistro e premette – bit, bit, bit – i tasti uno, uno, due pronta a mettere in campo le forze dell’ordine.

L’ometto sfinito si appoggiò alla parete, lasciando sul muro una macchia di sudore, alzò le braccia sopra la testa, le mani sulle tempie come se gli stessero scoppiando. La camicia hawaiana tirata su lasciò scoperto l’ombelico e assolutamente inaspettato lanciò un urlo seguito da: «Lei è impossibile, chiami chi vuole, chi se ne frega, io non ne posso più, la lascio qui e me ne vado, tanto l’appartamento non è mica mio è dell’agenzia, se la prenda con loro, io di avere a che fare con clienti fuori di testa non ne posso più! Rimanga, chiami, faccia quello che vuole! Torni a casa del diavolo da dove è venuta, io me ne lavo le mani.» e così urlando girò la schiena e scese le scale, precipitandosi fuori nel sole cocente.

Mentre se ne andava sembrò di sentire da lontano ancora la sua voce che urlava: «Ne ho abbastanza di questa giornata infernale!»

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