
Perché non ci rimane nella mente l’esperienza della nostra nascita? I due grandi punti di svolta della vita la nascita e la morte non sono raccontabili, la prima perché non se ne ha coscienza, la seconda perché non c’è più tempo.
Sono gli altri che li raccontano e ce li fanno vivere dal loro punto di vista. Possiamo solo minimamente sapere della nostra nascita, non sapremo mai della nostra morte. Un 50% che dobbiamo farci bastare.
Mi hanno raccontato, e ne ho le prove, che sono nata in una grande città della Bassa Emiliana nel gran caldo di una estate del dopoguerra. L’ovulo di mia madre fecondato dal desiderio di mio padre si è scisso e moltiplicato, fino a comporre me. I miei genitori, due ragazzi ,che dopo le tragedie e le separazioni della guerra, avevano deciso di unire le loro vite, per formare una famiglia. Mio padre giovane maestro elementare alle prime esperienze, mia madre, anch’ella maestra, senza pazienza, prestata ad un ufficio postale.
Ho vissuto nove mesi dell’inverno tra il ’46 e il ’47 nel ventre di mia madre, poi con i calori dell’estate, ho deciso che era arrivato il momento e mi sono affacciata alla vita.
Caldo, zanzare, vapori di canapa che macera nei campi, un mix afrodisiaco che intontisce e inebria, mia nonna che afferra la mia testa tra le gambe aperte della partoriente; siamo in casa, una volta si usava così.
L’aria arriva ai polmoni e scaccia il liquido che mi ha nutrito fino all’ora. Urlo? Piango? Non so, sono a testa in giù, le mani sapienti della nonna mi tengono e sento, anche se ancora non so dirlo, tutto il peso della vita.
«È una femmina!». Forse mio padre nell’altra stanza sente e finalmente entra a conoscermi. Sono sua figlia, è lui che vedo, con ancora gli occhi appannati. Ma è proprio così? Riesco a vederlo o tutto è ancora annebbiato e nebuloso? Perché non posso ricordare quei primi istanti di vita? Perché la natura ci priva delle prime sensazioni quando ancora nuda e fremente sento l’aria sulla pelle sottile.
Posso solo immaginare, domandare, cosa è successo, ricostruire attraverso altre esperienze i miei primi istanti nel mondo. Ascoltare i racconti, capire -dopo- che la nascita è un miracolo che ogni animale affronta per perpetuare la specie, che anche io piccolo animale indifeso ero caduta nel mondo, gettata nel mondo.
Ero stata voluta? Mi hanno detto di sì. Ero stata desiderata, cercata dopo le privazioni della guerra per rappresentare il nuovo, il futuro che stava avanzando. Sono stata fortunata, ho visto la luce in una casa confortevole e calda, dentro e fuori, col sole che batteva sui vetri in un pomeriggio d’estate. Sono arrivati dei fiori nella camera della puerpera, sono arrivati sorrisi dopo i dolori del parto, sono arrivate le carezze, il dolce del latte, la morbidezza di una camicia di seta. Sì è vero posso dire di essere nata con la camicia, circondata da chi sapeva e voleva prendersi cura di me, ancora incosciente e immemore, ma con la determinazione di farmi valere nel mondo.
Una risposta a “Quando si nasce”
Veniamo al mondo piangendo, questo mi fa pensare ai sacrifici e ai dolori di sui tutti dovremo fare esperienza. La morte invece, per chi crede, dovrebbe essere l’inizio della vera vita e questa sembrerebbe essere l’unico conforto a cui ci possiamo aggrappare in questa esistenza.
Un saluto