Quando cambia l’umore

La giornata era cominciata  bene, il solito cazzeggio del risveglio con le amiche, chi sta bene, chi sta male, chi non sa come si sente, chi vede le nuvole e chi si è svegliata presto…

Poi l’umore è cambiato, a poco a poco, come se scendesse una cortina fumogena. Non sapeva nemmeno lei dire quando aveva cominciato a filtrare attraverso le fessure dei suoi pensieri.

Non ricordava nemmeno che cosa potesse essere successo per aprire la porta a un malessere che ha cominciato a farle dire: «Fan culo tutto!».

Eppure ha fatto una buona colazione, si è vestita e ha rifatto il letto come tutte le mattine. Poi il vuoto.

È uscita per andare a spostare la macchina, che la sera prima aveva parcheggiata nell’unico posto decente che era riuscita a trovare; meglio cambiare… 

Esce, fuori c’è una luce abbagliante, si sente quasi male da quanta luce c’è. Le gira la testa, ma cammina piano verso la macchina e la sposta. Fatto. Poi si siede su una panchina al sole e sente che le viene quasi da piangere. C’è troppa luce, c’è troppo verde. Fotografa col cellulare una panchina vuota con qualche piccione che razzola intorno; ci sono bambini che giocano, due bimbette corrono con gli schettini, anche se i loro sono quelli con le ruote in linea. Si chiameranno ancora schettini? Mah? Forse non è troppo importante.

Si ferma a pensare che sono troppo piccole per fare quello che fanno, cioè scendere per la breve discesa dei giardini e prendere velocità per poi risalire sulla salita opposta. Le viene in mente quando con gli sci faceva la stessa cosa, giù a tutta birra per sfruttare la velocità e risalire senza fatica.

Questo ricordo le mette ancora più tristezza, chissà perché.

Decide di rientrare, ed eccola qui a scrivere, a compatirsi per una tristezza stupida e immotivata.

Ha pranzato, si è fatta gli spaghetti all’arrabbiata, in tema con l’umore, poi ha continuato a dare fondo alle fragole preparate ieri, o l’altro ieri? 

Ha messo un cartello sulla porta, dalla parte interna, «Ti sei ricordata le chiavi? E il cellulare?». Ieri è dovuta tornare a casa a prendere il telefono, e meno male che le chiavi non se le era dimenticate! 

Suo figlio stamattina, mentre aveva appena spostato la macchina, l’ha salutata dalla finestra «Vengo dopo» le ha detto. Ma quando sarà il suo dopo? I dopo variano, cambiano lunghezza, come un elastico che si tira e che non sai mai quanto potrà diventare lungo.

Aspetta, non può far altro, anche perché la tristezza non la lascia, anzi diventa sempre più acuta, la nebbia che la intorpidiva al mattino è sempre lì. Non resta che aspettare la sera sperando che la notte faccia svanire ogni pensiero. Un sogno, avrebbe bisogno di un sogno. pensa mentre appoggia la testa sul cuscino e gli occhi si chiudono su una giornata da dimenticare.

Categorie:

,

Tag:


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d