Protocollo


IMG_1257Ho scoperto che la parola travaglio deriva dal francese ‘travailler’ e fin qui niente di strano, ho studiato francese e lo parlo -parlavo- discretamente. Quello che mi ha stupito è che ‘travailler’ deriva da uno strumento di tortura. Il travaglio è una tortura, in effetti visto che in Italia usiamo questo termine nel corso del parto, possiamo considerare i dolori della nascita, una vera e propria tortura, anche se non ho mai -quasi mai- sentito una mamma ricordare come tali il momento della venire alla luce del proprio figlio e figlia.

Dopo questa divagazione, eccomi: sono arrabbiata, molto arrabbiata, stamattina sono andata a fare le analisi del sangue e l’oncologa -una senza riccioli- mi ha candidamente annunciato che giovedì dovrò fare la chemio. No, no, non la voglio fare! Le ho chiesto perché visto che ho finito la radio e secondo la radiologa non serve. La sua risposta è stata che lo prevede il “protocollo”! Al cavolo il protocollo, se sto sempre un pochino meglio, se ho la possibilità di riprendermi, di svelenarmi il sangue, voglio proseguire con uno scopo che sia medico e spiegato chiaramente, non con la parola “protocollo”.
I protocolli si adattano e si spiegano.
Domani ho la visita a Santa Maria Nuova con l’otorino, parlerò anche con lui, o lei – ma lì ci sono più uomini-, e cercherò di farmi spiegare tutto per filo e per segno.
Intanto sono arrabbiata… si molto arrabbiata! Tanto arrabbiata che mi è venuta fame e mi sono fatta un po’ di gnocco fritto che mi sono mangiata con lo stracchino.
È un po’ scuro perché avevo la farina integrale e quindi è più rustico.
Più tardi magari mangerò ancora qualcosa… Sono stanca e ancora un po’ debole, ho bisogno del mio bozzolo, ma ho fiducia nella ripresa.


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