Poteva essere un amore quasi perfetto

Poteva essere un amore quasi perfetto… Ma si sa la perfezione mica esiste a questo mondo! E allora? È andata così. 


Vincent Van Gogh – La casa gialla

Seduta in quel caffè… guardava la strada che le si apriva davanti, più che una strada una piccola piazza di paese, che si perdeva dietro l’angolo di una casa con un grazioso balconcino. Guardava quel balconcino e il portone che stava sotto con un bel cartello attaccato che diceva “Vendesi”.
Una casetta niente male, intonacata di giallo, era luminosa e dava l’impressione di essere sempre baciata dal sole. 
Lei era salita fin lassù per cercare un luogo dove riposare, dopo le fatiche della pandemia, della malattia e delle perdite che le avevano fatto buchi incolmabili intorno.
I vuoti lasciati da chi non c’era più le avevano però regalato un gruzzolo che ora voleva mettere a frutto e per questo era salita fino al piccolo paese, in cerca di un luogo dove nessuno la conoscesse e dove potesse ricominciare. Aveva bisogno di silenzio, di pace a anche, perché no, di solitudine. Ne aveva abbastanza delle luci, della gente che la riconosceva per strada e che la guardava con aria di compatimento.
Lei, il volto della più nota soap opera brasiliana ne aveva abbastanza. Ne aveva abbastanza della notorietà, ne aveva abbastanza delle richieste di autografi, ne aveva abbastanza dei ricordi di una vita che non era mai stata del tutto sua.
Si era lasciata crescere i capelli del suo colore naturale, ora erano bianchi, e aveva cambiato le lenti a contatto con occhiali anonimi, la mascherina sul viso poi contribuiva ancora di più a nasconderla e a renderla irriconoscibile.
Ed ora… Era seduta in quel caffè da una mezzora e aspettava il proprietario della casetta che aveva scelto. Proprio quella casetta gialla col balconcino fiorito che aveva subito attirato la sua attenzione.
La padrona del caffè, molto gentile, si era offerta di metterla in contatto col proprietario ed ora era lì ad attendere. 

Dietro le tende della finestra che si apriva sul balconcino fiorito che guardava sulla piazza, Lui sbirciava la donna seduta al caffè di fronte. La padrona del caffè gli aveva telefonato per dirgli che la signora che voleva comperare la casa era arrivata, ma lui non si decideva a scendere per incontrarla.
La guardava dietro le tende e più la guardava più lo prendeva un sentore vagamente famigliare. Non la conosceva, era sicuro di non conoscerla, ma nello stesso tempo sapeva di conoscerla, di averla vista da qualche parte, di averla incontrata. Il nome non gli diceva niente, la figura seduta al tavolino era graziosa, ma anonima e poi con la mascherina sul volto, era impossibile anche solo intuire che lineamenti avesse. Sembrava giovane, malgrado i capelli bianchi che risplendevano al sole e gli occhiali che le davano un’aria vagamente da professoressa.
Le gambe accavallate in una posa elegante, i jeans chiaramente di marca, gli stivaletti morbidi e il maglione gettato sulle spalle con noncuranza dicevano che era una forestiera, arrivata lì non si sa come né perché. Lui che aveva sempre vissuto nel piccolo paese gli abitanti li conosceva tutti. Arrivato quando aveva all’incirca trent’anni si era costruito una vita quasi monacale dopo una grande delusione amorosa. La donna di cui era innamoratolo lo aveva lasciato per inseguire non si sa bene che cosa, una utopia, un sogno, che lui non si era sentito di condividere. 
Quanto aveva rimpianto quella scelta! Ma lei era sparita oltre il mare, e lui non aveva trovato di meglio che ritirarsi a vivere in quel piccolo paese che gli dava la tranquillità per coltivare quello che per lui era stato il sogno della vita.
E ora aveva deciso che avrebbe venduto la casetta del paese per andare un po’ più su, in una malga che aveva fatto ristrutturare e che gli offriva ancora di più la solitudine di cui aveva bisogno.
Alla finestra non smetteva di guardare la donna seduta al caffè… chi era? Perché voleva comperare la sua casa? Sapeva chi lui fosse? No, non era possibile. Aveva conservato molto bene la sua intimità. Nel paese nessuno sapeva che lui era lo scrittore che sotto pseudonimo scriveva libri di successo. Nessuno sospettava che il suo grande dolore era stato per lui fonte di continua ispirazione ed ora voleva affiancare alla scrittura anche la produzione di formaggi, per avere qualcosa da fare specialmente d’estate. Silenziosamente, senza farsi notare sgattaiolò fuori dalla casa lasciando la porta socchiusa.

Il cellulare squillò prepotente nella tasche senza fondo di quello che era il sensale del paese: «Scusa se ti disturbo, al caffè sulla piazza c’è una signora che vuole comperare la mia casa, credo. Non mi va di incontrarla, puoi pensarci tu? Vieni qui e falle vedere la casa. La porta è aperta»
«Il solito scorbutico! Va bene arrivo, ci penso io.»

Lei vide venirle incontro un uomo di una certa età, gentile e sorridente, con una larga giacca di lana e pantaloni sformati, Non si aspettava che il padrone della casa fosse un tipo simile. Si era fatta tutta un’altra idea. Gli strinse la mano e lo seguì dentro alla casetta gialla. Appena entrata pensò che era proprio quello che voleva. Chiese se potevano rimanere anche alcuni dei mobili e le fu assicurato che si poteva fare.
Poi quasi distrattamente lo sguardo le si posò su una fotografia incorniciata sul cassettone.
«Questo chi è? Il proprietario?» chiese con un filo di voce.
«Sì, quando era più giovane, la signora deve essere sua moglie, ha sempre detto che era morta!»
«Capisco, una storia triste»
«Si molto triste. Allora… Le piace la casa?»
Lei si guardò intorno, accarezzò con lo sguardo la foto e a basa voce disse: «Molto ma non credo che faccia per me. La ringrazio, e mi scuso di averle fatto perdere del tempo» Uscì dalla casa e senza voltarsi discese la strada fino al parcheggio dove aveva lasciato la macchina.
Accese il motore e sospirò mentre fra sé e sé mormorava: « Avrebbe potuto essere un amore quasi perfetto!»

Scritto per Laboratorio di scrittura Gruppo Scrittori Firenze


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