Confesso che ho un po’ paura, paura di quello che succederà quando le persone si sentiranno libere di muoversi, di andare in giro, di incontrassi.
Fino ad ora sono vissuta in una specie di bolla, ancorata nel paese di Vattelappesca, un paese immaginario e un po’ distopico, però protetto, difeso da muri invisibili che impediscono l’entrata del virus coronato. Un re dei virus, una piccola particella che si è proclamata padrona del mondo.
Si ricorderanno le persone che devono ancora stare distanti? che si devono ancora lavare le mani? che non possono uscire senza mascherine, per proteggere gli altri?
È strana questa cosa: io metto la mascherina per proteggere te e u metti la mascherina per proteggere me. È un salvataggio reciproco, che non bisogna mai dimenticare, solo così il batuffolo della malattia riuscirà a stare fuori dal mio corpo.
Ehi, qui ce ne’è già un altro, non c’è posto per te, stai alla larga, persone senza mascherina state alla larga.
Per questo ho paura, perché portare la mascherina è faticoso, non si respira bene e allora quasi tutti la mettono male, o troppo su o troppo giù, e le mani nessuno se le lava quando esce, ma solo quando rientra a casa; perché si sta sempre troppo vicini, perché non ci si fa caso, perché è nella nostra natura accostarsi alle persone a cui vogliamo bene.
Ma ho paura, ancora troppi morti, ancora troppi malati, ancora troppo di tutto.
L’ignoto fa paura, non serve avere coraggio, occorre prudenza, occorre stare sempre all’erta, proteggersi, diffidare…
Stamattina all’ospedale mi è sembrato che ci fossero ancora più controlli, ancora più protezioni, camici usa getta, maschere, visiere, guanti e il nome di una infermiera scritto col pennarello per poterla riconoscere. Domani sono di nuovo là, spero di essere protetta mentre sono dentro, spero di essere al sicuro, ma sarà poi così.
Ho scoperto perché il pomeriggio ho sempre sonno, in una delle pastiglie che ingurgito dopo pranzo e poi alla sera, c’è un po’ di oppio! E voilà! dormo il sonno del drogato, dopato e drogato.
Un po’ su e un po’ giù, in una altalena che per ora non accenna a fermarsi. Ma non ci voglio pensare, dormo e questo mi fa star bene.
Sì sto bene, compatibilmente con la mia situazione, rispetto alla media dei pazienti oncologici io sono nella fascia migliore. Evviva!!!
Ho letto poco fa in Instagram questa frase che è il finale di un post più lungo: “Non cambieremo mai. È la nostra natura. La nostra arma che consideriamo vincente. Essere cattivi”. Ma forse io cambierei il finale con : “Essere stupidi”.