Omicidio per amore

Il cadavere era lì sul tavolo. Ve lo aveva adagiato con molta attenzione ed ora lo guardava come si guarda qualcosa di estraneo, di lontano, di sconosciuto.
Aveva ancora negli occhi lo sguardo implorante che aveva visto guizzare negli occhi umidi subito prima che la mano assassina calasse il colpo mortale.
Sembrava che se lo aspettasse, non c’era stato un grido, nulla che avesse potuto sottrarre la vittima al suo destino.
Il sole d’estate che brillava scaldando la terra era sembrato anacronistico mentre si era avvicinata all’ignara vittima. Nulla faceva sospettare che la morte sarebbe stata di lì a poco protagonista.
Anche lei era morta un poco nel gesto orribile, nel colpo inferto dal suo complice che poi le aveva offerto quel sacrifico con l’indifferenza del Boia di professione.
Ora a lei toccava di smembrare e far sparire le spoglie ed affondare il coltello nelle carni bianche.
Decisa immerse la lama, il sangue non scorreva più, coagulato, fermato dalla vita ormai passata che aveva arrestato il flusso vitale. 
Mentre batteva la mannaia grosse lacrime le scendevano sul viso.
Mio Dio! Mio Dio! Che cosa mi tocca fare per amore!
Piangeva e batteva, le ossa si spezzavano per fare entrare la carne martoriata nel contenitore prescelto.
Distruggere le prove del misfatto, non vedere più il corpo del reato, nascondere, trasformare, diventare indifferenti.
Intanto un leggero odore di morte si stava spargendo nella stanza, un odore acre, che si confondeva a malapena con altri profumi usati per mascherare l’olezzo.
Ecco, ora aveva finito, bastava solo aspettare che le carni si disfacessero lentamente, nulla sarebbe rimasto fra un po’.

Sussultò. 
Il suono del campanello la riportò sulla terra.

«Mamma che meraviglia, Grazie! L’hai fatto per me. Sei un tesoro. Mi hai cucinato il coniglio! Deve essere stato penoso per te vegetariana!».


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