Niccolò Campriani: “Ricordati di dimenticare la paura”

Sono ricaduta sullo sport. si vede che è una nemesi che mi devo portare sulle spalle per sempre.
Tentata dal titolo “Ricordati di non dimenticare la paura” e dal protagonista del libro, mio giovane concittadino, speravo di ritrovare almeno un po’ la tensione che avevo sentito nell’autobiografia di Agassi.

Tutti e due i libri sono scritti da gosthwriter, Agassi si è affidato a uno scrittore di successo, Campriani a un giornalista sportivo italiano. Non che i giornalisti sportivi siano proprio da buttare via, ma come si fa ad affidare la storia di un atleta di uno sport così cerebrale come il tiro a segno a un esperto di calcio e formula uno?

Niccolò Campriani, che firma il libro è un giovane sportivo che ha vinto le Olimpiadi di Londra 2012 dopo aver perso clamorosamente le precedenti. Racconta principalmente i quattro anni tra la sconfitta e la vittoria, quattro anni trascorsi a ricreare, ricostruire, rimettere insieme i pezzi di un atleta che in Italia non verrebbe mai chiamato atleta.

Ma che sport è il tiro a segno? Come si arriva a vincere una Olimpiade e a conquistare un titolo mondiale individuale a 25 anni, un’età relativamente giovane per uno sport che richiede nervi saldi e molta maturità.

Il tiro a segno lo vediamo in TV solo quando ci sono le Olimpiadi e l’Italia conquista medaglie che non si riescono a vincere in altri sport, uno sport poco appetibile televisivamente. Che gusto c’è a guardare un tizio che assolutamente immobile spara a un bersaglio? Il tiro a segno è uno sport che appassiona solo chi lo pratica, perché è una gara interiore solo con se stesso e il bersaglio che si inquadra nel mirino.

Una calma esteriore in contrasto con le emozioni che si agitano dentro, con le parole che si sentono dentro, con i rumori del proprio corpo che si amplificano dentro: il cuore che batte, il respiro da regolare, i muscoli da controllare, l’equilibrio da mantenere. E tutto questo lo posso capire perché quando mi occupavo di Pentathlon moderno ho frequentato anche i poligoni di tiro.

Niccolò per raggiungere i traguardi che ha conquistato ha dovuto emigrare, ma va? Ha dovuto andare in America, ma va? In una università americana si è laureato in ingegneria e si è completato come atleta, ma va?

Io mi arrabbio quando sento che qualcuno per raggiungere il successo ha dovuto scappare dal mio paese, ma questa è la realtà, purtroppo.
E questa è la storia vera, condita da un incontro d’amore, naturalmente con una tiratrice e il finale da apoteosi delle medaglie al collo.

Ma il libro? Il libro è debole, un lungo articolo senza quella capacità di coinvolgere e di far entrare il lettore dentro la testa dell’atleta. Anche leggendo si rimane spettatore passivo, non siamo trascinati dentro le emozioni del gesto atletico, proprio come quando assistiamo alla TV a una gara di tiro a segno.

Per finire non ho potuto fare ameno di confrontare la copertina del libro di Agassi con quella del libro di Campriani. La prima intensa, sembra guardare dentro all’anima, dice: “Comprami, leggimi, ti saprò raccontare quello che solo intuisci nel mio sguardo”, la seconda è un ragazzino sorridente che fa ciao, ciao con la mano e se ne va.

Però sono contenta di avere letto il libro, soprattutto per avere capito che le storie di vita possono essere raccontate in tanti modi, che le autobiografie di personaggi “famosi” non possono essere improvvisate. Quella di Agassi ha richiesto anni di registrazioni, trascrizioni, limature, tutto raccontato nelle ultime pagine del libro, quella di Campriani non so, solo tre righe in fondo al libro ci informano su chi è il vero autore.
Il tutto mi è sembrato molto commerciale e dettato dal cavalcare l’onda del successo olimpico.
Mi sovviene di pensare: Niccolò, scrivi tu stesso la tua storia, forse ti viene meglio!


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