Michela Murgia: “Accabadora”

Ho già scritto altrove che uso Audible in prevalenza per testare i libri, ascoltarli e poi se ne vale la pena acquistarli in formato digitale o cartaceo. Pochi sono quelli che arrivano alla decisione di entrare nella mia libreria in forma di libro, parecchi invece quelli che arrivano sul mio eReader in forma digitale. Vuol dire che hanno superato la prova, mi hanno incuriosito, mi sono piaciuti e vale la pena tenerli a portata di mano in una forma più maneggevole. “Accabadora” è uno dei libri che dopo averlo ascoltato è stato comperato come eBook. 

Michela Murgia ha fatto molto parlare di sé in questi ultimi tempi, la sua prematura scomparsa è stato un avvenimento che ha colpito molti, chi aveva letto i suoi libri e chi la seguiva in TV. Io avevo letto qualcosa e l’avevo vista di sfuggita, naturalmente avevo seguito, era impossibile non farlo, la sua odissea nella malattia.

Ho quindi scaricato il suo libro, per curiosità, per ascoltare una storia, non un saggio, sentire come veniva affrontato, in forma romanzata, l’argomento spinoso dell’accabadora che in sardo identifica la donna che da la fine. La storia di Maria che viene affidata all’anziana Bonaria Urrai è raccontata con dovizia di particolari, sempre però con quel sottofondo di mistero che circonda l’attività segreta della vecchia, apparentemente sarta, ma silenziosamente conosciuta, da chi deve sapere, come accabadora.

Ma quello che mi ha fatto decidere a  comperare il libro  non è tanto lo svolgimento della vicenda e la progressiva uscita dall’innocenza di Maria quanto il linguaggio con cui è scritto il libro. 

Michela Murgia fa uso abbondante, di metafore, allusioni, detti popolari, che fanno del testo uno spaccato di vita, leggere è entrare nel tessuto sociale del paese che tutto vede, tutto sente e tutto consuma.

Maria è l’innocente che da figlia ultima si riappropria del proprio nome e può ambire a una esistenza più agiata delle sorelle e della famiglia di origine. Una innocente che alla fine paga lo scotto della propria apparente emancipazione, voler fuggire dal proprio destino non da la felicità. “Ci sono cose che si sanno e basta, e le prove sono solo conferma“.

Accabadora è uno di quei libri che attraverso un linguaggio popolare e accessibile a tutti riesce a dire cose che non sarebbero dicibili e che in effetti non dice. Non viene mai pronunciata o scritta la parola eutanasia che invece aleggia per tutti il libro, la donna che procura la fine a chi ha il proprio corpo “già in decomposizione senza morte” è raccontata con un misto di sofferenza e sollievo, come se quando arriva la fine serva qualcuno che aiuta a superare la soglia.

Quello che fa uscire Maria dalle illusioni della giovinezza per portarla nella realtà della maturità è il vedere che soffrire è facile, morire è difficile e soprattutto dover scegliere tra l’agire o il lasciar andare.

Il libro è un viaggio dell’eroe al femminile con tutti i passaggi canonici da affrontare per raggiungere l’adultità

Ho sottolineato decine di passaggi del libro che rendono questo testo imperdibile: “il tempo sfugge di mano come una volpe di notte” oppure “gli occhi come lumache senza guscio” e ancora “non tutte le cose si ascoltano per capirle subito” sono solo alcune delle frasi che rendono il linguaggio con cui è scritto ricco di preziosismi linguistici travestiti da massime popolari e che invece danno la cifra sublime di una scrittura che rimane negli occhi e nelle orecchie.

Peccato che Michela Murgia se ne sia andata troppo presto, chissà di quante altre belle opere sarebbe stata autrice.


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