Dalla sua finestra si vedeva di fronte un vastissimo parco. Un alto muro di cinta lo divideva dalla strada, ma ugualmente tanto verde svettava nel cielo.
Maurizio abitava già da quindici giorni al “Caffè Principe” un ambiente allegro, dove la padrona, una signora anziana con due figlie, era molto accondiscendente quando poteva trarre un interesse personale.
La camera di Maurizio dava su di una veranda del cortile interno al caffè e nella camera vicina alla sua abitavano due colleghi, Marco e Carlo.
I soldati erano accantonati in una vecchia filanda, gli ufficiali erano distribuiti in vari alloggi privati.
Già quindici giorni erano trascorsi ed ancora non avevano trovato il modo di passare in allegria quelle poche ore di libertò che potevano avere durante la giornata. Il paese appariva deserto. Dove erano stati fino ad allora, avevano trovato molta più ospitalità. Dov’erano gli abitanti del paese?
Dopo il servizio, Maurizio era costretto a ritirarsi al caffè Principe; Maria una figlia della padrona, strimpellava il pianoforte ed allora egli preferiva rifugiarsi nella sua cameretta molto accogliente e riposante, e nella solitudine pensare alla fidanzata lontana, alla casa e scriveva lunghe lettere piene di affetto.
Una sera c’era musica in piazza; la banda reggimentale si esibiva in pubblico. Era un piccolo avvenimento ed anche Maurizio andò per sentire quei pezzi che già conosceva ma che ugualmente sarebbero riusciti a rallegrargli lo spirito. Il paese sembrò rianimarsi; fu una sorpresa l’abbondante affluire di gente nella piazza, che in breve fu gremita.
Divertito egli assisteva allo strano ed insolito spettacolo; si fermò sotto un arco di portico appoggiato a una colonna, rimirando le fanciulle che finalmente erano uscite dalle loro case. Lo raggiunse dopo un po’ la Padrona del “Caffè Principe” con le figlie, lo salutarono e si posero al suo fianco per ascoltare la “Banda”. Maurizio intanto, dal suo posto di osservazione aveva notato il sopraggiungere di due fanciulle, abbastanza eleganti, a braccetto, sorridenti, una bruna, una bionda; la biondina era più giovane e aveva un bel profilo; esile di corpo, snella, una bella bocca; non poté fare a meno dal chiedere alla “Padrona”
– Chi sono?
– Lucia e Martina Tosatti, due sorelle.
– Carine!
– Se vi piacciono fatevi avanti.
L’idea era buona e già egli pensava come attuarla quando vide due colleghi avvicinarle, sorrisero, si salutarono.
– peccato pensò Maurizio, quella biondina mi piaceva, ma Boldrini e Marchesi sono stati più svelti di me.
Anche quella sera dovette ritornarsene nella sua camera soletto e malinconico. Pensò che sarebbe andato a trovare Mariuccia nel paesello che avevano precedentemente lasciato, erano dieci chilometri di strada, ma valeva la pena di farli.
Martina era una giovane operaia che come la sorella Lucia, dava una entrata non indifferente di denaro alla famiglia col suo lavoro. Dopo la fatica usciva con la sorella per passeggiare, per andare a ballare o al cinema, oppure incontrarsi con l’amichetto corteggiatore. Sapeva di essere carina e amava vestirsi bene. Sognava un amore libero, ardente e come tante fanciulle, attendevano il “principe azzurro”. Essa, minuta come una bambola, desiderava un giovane alto e bello. Vide un giorno arrivare i soldati nel paese, era la prima volta, e alla testa di un plotone vide un giovane ufficiale alto, che a lei parve bellissimo. Era tutto impolverato, ma non sembrava affaticato, nonostante avesse fatto tanta strada, da buon fante. Lo sognò e desiderò essere avvicinata, non nascondendosi che quello molto probabilmente era fidanzato al suo paese e forse era anche sposato. E se non fosse stato nulla di ciò, l’avrebbe egli notata? L’avrebbe potuta amare? Lei piccola sartina di paese? E se l’amore avesse vinto?
Ma una sera, lei e la sorella furono avvicinate da due tenenti coi quali fecero una passeggiata sul viale. Lucia si entusiasmò subito per uno di essi, mentre Martina non poteva sopportare l’altro, aveva sempre innanzi agli occhi un’altra visione. Lo disse alla sorella, ma per evitare che anche lei perdesse quell’altro, sopportò la compagnia del bellimbusto che l’annoiava.
Rivide l’ufficiale alto, fantasma dei suoi sogni un pomeriggio. Era Maurizio. Si era fermato vicino a loro, a cavallo della sua bicicletta per scambiare due parole coi colleghi ed era improvvisamente ripartito. Martina più tardi si confidò con Boldrini, l’amico della sorella, e sperò che quella sera Maurizio fosse venuto a lei. Nell’attesa sognò di sentirsi stringere fra quelle braccia e sentiva di potergli offrire tutto ciò che egli le avesse chiesto.
Dalla sua città, Maurizio, aveva ricevuto la bicicletta. Peregrinava appunto, a cavallo di essa quando incontrò Boldrini e Marchesi con le due sorelline. Istintivamente attratto dalla presenza della biondina, si fermò. Scambiò poche parole coi colleghi, ma non avendo nessun motivo di fermarsi oltre, si allontanò a malincuore. Era a mensa quando Boldrini lo avvicinò chiedendogli:
– Vuoi venire con me stasera?
– Dove?
– A spasso con le due ragazze che hai visto oggi con me?
– E Marchesi?
– Ma tu vuoi venire?
– Con la biondina si, l’avevo già notata, ma considerando che Marchesi mi aveva preceduto…
– Marchesi era venuto perché l’avevo portato io, ma a Martina, la biondina, non piace, proprio stasera mi ha detto: “Boldrini perché vieni sempre con quello che non mi piace?” “E chi devo portare?” le ho risposto “Mi piace quel tenente alto che si è fermato oggi con la bicicletta”.
– Se le cose stanno così, ne sono ben lieto, non vorrei però che quell’altro…
– Stasera tu vai al giardino vicino alla stazione le incontrerai, dirai loro di aspettarmi, intanto manderò a letto Marchesi con una scusa; in seguito dovrò accettare il fatto compiuto, se non ha saputo farsi strada, è colpa sua.
Maurizio non stava più in se dalla gioia. Quella sera l’avrebbe avuta vicina, probabilmente l’avrebbe baciata.
Arrivò l’ora dell’appuntamento, le incontrò subito. Le salutò sorridendo, strinse loro le mani, si presentò e disse:
– Boldrini è andato a mettere a letto l’altro. Risero
Li accolse una panchina, egli nel mezzo, e parlò tanto.
Magnificò il paese portandolo alle stelle, raccontò quando le aveva viste la prima volta e finalmente arrivò Boldrini il quale prelevò Lucia e partì.
Maurizio rimase solo con Martina sulla panchina del giardino.
Vi fu subito un imbarazzato silenzio, solo le foglie degli alberi frusciavano sotto una lieve brezza; l’ombra della sera li separava da tutto. i loro sguardi si incontrarono, si sorrisero e poco dopo si trovarono dolcemente abbracciati con le labbra unite.
– Mi sei piaciuta subito Martina, quando ti ho vista in piazza, poi ho visto che c’era un altro ed allora…
– Si, ma a me non piaceva, l’ho detto con Boldrini; “a me piace quello” te, e stasera sei venuto
– Ma sei sicura che io ti piaccia?
– Si!
Fu una serata di baci frenetici. Martina si stringeva nelle braccia di Maurizio come una gattina bisognosa di carezze e di moine. Martina gli disse che andava ascuola del ricamo, che amava tanto divertirsi, che voleva bene alla sorella.
– Guarda sei tutto macchiato di rossetto!
E rise di un riso squillante, felice di aver combinato una birichinata. Prese il suo fazzolettino e dolcemente lo passò sulle labbra di Maurizio.
Quando ritornò l’altra coppia, si lasciarono perché era già tardi, col proposito però di rivedersi la sera seguente.
Rientrando nella sua stanza a Maurizio sembrava di essere in una reggia, il suo io cantava di gioia. Ecco il lettino, la scrivania, il divano! Come si stava bene in quella cameretta. Se ci fosse stata Martina li con lui come sarebbe stato bello! Sì sarebbe stato bello… e si addormentò.
E’ bella l’attesa di un appuntamento d’amore, si gusta profondamente la gioia che si proverà ritornando all’amata e il tempo trascorre pensando a quello che si farà, e molte volte il sogno è più bello della realtà. Anche Maurizio attendeva un appuntamento d’amore e nell’attesa gustava i baci e le carezze che nuovamente avrebbe assaporato, si risentiva vicina quella bambola d’amore; però non immaginava minimamente ciò che gli sarebbe accaduto e che avrebbe superato ogni sua aspettativa.
Arrivò finalmente l’ora dell’incontro.
Martina si attaccò subito al braccio di Maurizio e gli si strinse vicino. Si incamminarono lentamente lungo il viale alberato. I progetti per passare la serata erano tanti, però unico solo desiderio di Maurizio era di tenere tutta per se Martina e di baciarla da non finire più. Però non glielo espresse. Ognuno di essi propose qualcosa, ma subito l’idea era scartata. Maurizio rimasto silenzioso fino allora azzardò:
– Se andassimo a casa mia?
Quasi era già pentito di aver pronunciato quella frase, pensando che non sempre le ragazze vanno nella camera di un giovane senza accettare le relative conseguenze, ma desideroso di solitudine aveva pensato che quello era l’unico posto dove lui e Martina sarebbero stati veramente soli.
Il desiderio di Martina era lo stesso, se non fosse stata una cosa sconveniente l’avrebbe proposto ella stessa, ora che Maurizio aveva dato un’idea che collimava con la sua, perché mentire, perché schernirsi e rifiutare? Fu sincera e disse:
– l’idea di Maurizio è ottima. Potremmo essere soli e non farci vedere dalla gente, che non si stanca mai di malignare. I luoghi pubblici sono più pericolosi dei privati. Io accetto.
Lucia non fu da meno; ed allora decisero che Lucia sarebbe andata da Boldrini e Martina da Maurizio.
Da quel momento mille pensieri turbinarono nella mente di Maurizio. “Martina sarebbe andata nella sua stanza? E forse… no, sarebbe stato troppo bello… eppure… ma se li avesse visti la padrona del caffè mentre entravano? Già, bisognava studiare il modo di salire senza essere visti, altrimenti avrebbero rovinato tutto. Il piano venne alla luce immediatamente.
– Martina, tu aspetterai all’angolo della via, io entrerò dall’entrata principale del caffè, darò la buona notte a tutti come se mi ritirassi per dormire. Per salire nella camera devo passare dal cortile. Giunto lì, ti aprirò la porta della strada, tu entrerai, mi seguirai in silenzio e velocemente ci rifugeremo nella mia stanza.
Così avvenne Prima di accendere la luce, egli oscurò la porta a vetri, chiuse la finestra.
Martina rimase immobile al centro della stanza e quando egli accese la luce sorrise.
Erano soli
Presi dall’avventura nuova e inaspettata, entrambi si sentirono confusi ed impacciati. Mille cose belle e brutte passarono nella loro mente.
Si desideravano e senza una parola, senza gesti particolari, si ritrovarono abbracciati, stretti, nel lettino di Maurizio e tutto avvenne normalmente. Martina fu sua, presa per istinto, concessasi senza pensare, senza dire di no, senza le false scene di molte donne che vogliono apparire oneste. Fu sua perché lo aveva detto: “mi piace quello!”.
Più tardi, Maurizio, avrebbe voluto ricordare i particolari di quella sera d’offerta, ma non ci riusciva. Tante altre volte era ritornata e si era rifugiata fra le sue braccia.
L’istinto li aveva uniti, quasi inconsapevolmente e non pensarono subito al resto del mondo che rimaneva fuori di loro. Soltanto quando svanì il desiderio cieco dei sensi, guardarono dietro le loro spalle.
Martina venne a sapere che Maurizio era fidanzato, ma essa non vedeva in lui un probabile futuro sposo, mai nemmeno l’aveva sfiorata d’idea, nemmeno un amante, perché l’amante presupponeva in lei un altro legame non esistente, era un qualcosa che la rendeva felice e che poneva al disopra di tutto. lo pregò di non parlargli mai di un’altra donna, di lasciarla nella sua illusione di poterlo amare così, sempre.
E a loro insaputa, da quella caotica passione nacque l’amore. Essa mai aveva detto di avere un fidanzato, Maurizio non avrebbe potuto nemmeno supporlo, era sempre con lui. Ma una sera essa gli disse – Sai? Ho lasciato il mio fidanzato, non lo potevo più soffrire. Lo riprenderò, caso mai e se insiste quando partirai, ora mi da fastidio.
– Ma! bimba mia, lo sai che anche io sono fidanzato e che non potrò mai sposarti?
– Si lo so, ma è inutile, mi impiccia, io ho tempo solo per venire con te, tu occupi tutta la mia esistenza e lui invece mi cerca, mi rimprovera, fa scenate, mi dice di piantarla di venire con te altrimenti non lo vedrò più. Io gli ho detto che se così fosse mi farebbe un grande piacere. “Te ne pentirai” mi ha risposto. Invece non sono affatto pentita, perché ti amo.
Gli gettò le braccia al collo per baciarlo, felice come sempre, di avere compiuta una birichinata. Maurizio che poteva rispondere? Se la strinse fra le braccia, felice di possedere un tesoro di fanciulla tutta e solo per lui.
Così nacque il loro amore e sembra strano, perché tutti affermano che prima viene l’amore poi la passione. Ma nel caso loro fu il contrario. Maurizio, fu scosso da quella prova, che Martina aveva voluto offrire. Dopo averne conosciuto il corpo, ne conobbe l’anima sensibile. Se egli rimaneva pensieroso, essa passava una mano carezzevole sulla sua fronte per fugare rughe immaginarie e se allora le sue labbra atteggiavano un sorriso si sentiva felice per averlo reso sereno. Non si preoccupò più di nessuno, divenne la sua donna agli occhi di tutti ed era orgogliosa di esserlo.
Le affettuosità di Maurizio, non ebbero più limite e si dedicò a lei ciecamente e curò ogni gesto, ogni bacio, ogni carezza, per dimostrarle che non solamente la desiderava, ma che anche l’amava profondamente. L’idillio divenne perfetto.
Lucia e Boldrini invece non durarono a lungo. Era stato un così detto “fuoco di paglia”. Lucia era molto diversa da Martina, essa pure aveva il fidanzato, ma le occorreva anche l’amico con cui passare ore di sfrenata allegria. Questo suo impellente desiderio fu quello poi che la portò a una grave conseguenza. Carlo in ogni modo fu il suo amante perfetto e la loro relazione si protrasse a lungo. Anche lontani si scrissero e ricordarono la loro passione.
Stavano a quel punto le relazioni, quando venne concessa una licenza di un mese a Maurizio, quasi egli non l’avrebbe voluta, ma pensando alla casa, alla fidanzata fiduciosa e lontana, la ragione vinse e partì. Martina promise di attenderlo, pianse, pregò affinché non la dimenticasse, “scrivimi” disse. Calcolarono però quando egli sarebbe tornato. Il 30 dicembre. Stabilirono quindi che avrebbero festeggiato insieme il nuovo anno.
Maurizio partì per la sua città, rivide la casa, la fidanzata. Capì che era tutta un’altra cosa, quasi dimenticò Martina e fu un bene. Supponiamo che Maurizio non avesse avuto quel legame con la fidanzata, come avrebbe considerata Martina? Era graziosa, simpatica, ammirevole. Col suo lavoro aiutava la famiglia, e non dava se stessa a Maurizio per interesse, ma solo per amore. solo mediante piccoli sotterfugi riusciva a sottrarre dalla sua paga, prima di consegnarla in casa, quelle poche lire necessarie per le calze velate e il rossetto. Era veramente ammirevole e Maurizio non aveva potuto fare a meno di constatarlo. Se Maurizio, appunto, non avesse avuta una fidanzata ideale, chissà che Martina non gli fosse apparsa sotto una luce diversa e chissà che non l’avesse elevata a futura sposa. Ma questo non avvenne, l’amore della fidanzata lontana fu più forte e lo tenne continuamente legato alla promessa.
Il 30 dicembre di quell’anno, Maurizio rientrava al corpo dopo la licenza. Martina era ad attenderlo alla stazione e lo volle subito tutto per se, comprendendo che gli era sfuggito, che un’altra donna aveva regnato, in quel tempo nel suo cuore. Fu piena di attenzioni e con un cinguettio incessante, raccontò tutto quello che era successo durante la sua assenza e lo fece ridere raccontandogli che un “capitano pancione” l’aveva corteggiata per tutto il tempo della licenza, naturalmente senza nulla ottenere.
Martina gli era rimasta fedele.
Egli nemmeno aveva pensato alla possibilità di perderla, ma ritrovandola così piena d’amore fu per lui una gioia. Ci fu anche chi volle rimarcare questa fedeltà e se ne rallegrò con lui. Probabilmente era qualcuno che avrebbe voluto sostituirlo durante l’assenza.
Come era buffa la vita! Se Martina lo avesse tradito, o meglio, deluso, a Maurizio sarebbe importato poco o nulla, poiché nulla poteva pretendere da lei. La loro relazione era libera, li legava solamente la passione, svanita la quale ognuno se ne sarebbe andato per la propria strada. Però quella fedeltà non interessata da secondi fini, come matrimonio o denaro, era la vera fedeltà. Martina era fedele all’amore di Maurizio e se egli fosse stato una possibile fonte di denaro o avesse rappresentato un matrimonio per lei, probabilmente lo avrebbe tradito. Fu così veramente sua e Maurizio capì di essere amato solo per amore.
Era la notte di capodanno, Maurizio e Martina festeggiarono l’anno nuovo. La stanza di Maurizio fu l’angolo di paradiso dove avrebbero vissuto una notte indimenticabile. A preparare quella festicciola a due egli provò una voluttà particolare. Da casa aveva portato una magnifica “zuppa inglese” di crema e liquori, il “Caffè” gli fornì spumante, liquori, paste, “baci”, “Braidesini”. Nulla mancava su quella piccola tavola imbandita. Erano stati lontani l’uno dall’altra un mese e nemmeno un bacio avevano potuto scambiarsi e le frequenti lettere di Martina ne esprimevano il desiderio. Desiderava la sua presenza, si sentiva sola, imprimeva sulle lettere che spediva le labbra tinte di rossetto per mandargliene l’impronta, quelle lettere sembravano insanguinate.
Era la notte di capodanno e si ritrovarono, dopo aver desiderato e amato col cuore parve loro di dover compiere un rito per i loro corpi che si ritrovavano. Si amarono quella notte come mai si erano amati. Come descrivere tanto amore ammantato di così profonda poesia?
Martina entrò nella stanza di Maurizio parata a festa, era bella ed elegante, e mandò piccole grida di gioia nel vedere i preparativi fatti da Maurizio. Si strinse fra le sue braccia offrendogli la bocca fresca. La piccola stufa crepitava nella stanza, i loro indumenti volarono un po’ dappertutto.
Attesero la mezzanotte.
Quasi non parlarono, stavano compiendo un rito, di aspetto pagano sia pure, ma essi credevano in quel modo di assicurarsi la felicità, ed ogni atto fu compiuto con sincera serietà. Quando scoccò la mezzanotte si compì il rito
– Ti amo Martina, disse Maurizio
Martina sorrise… l’incanto era rotto. Avvicinarono il tavolo imbandito al letto e brindarono al nuovo anno e al loro amore. Era quasi l’alba quando silenziosamente Martina lasciava la stanza.
Amore per Amore! cinque mesi passarono, nessuna nube mai ruppe l’incanto. Vivevano la loro vita per sentirsi vicini. Li accolse spesso l’angolo di una saletta di un solitario caffè, si amarono in mille punti della campagna. Ogni desiderio di Maurizio era legge per lei, avrebbe dato la vita per soddisfare un suo capriccio.
A carnevale andarono al veglione, lui in borghese, lei con un vestito da sera bianco lungo, con i capelli biondi sciolti sulle spalle seminude; quanto era bella! Una volta si ubriacarono e ritornarono a braccetto verso casa, nella notte, scivolarono coi piedi malfermi sul ghiaccio e risero tanto.
Un’altra sera, Maurizio, punito di arresti, dovette nascondere Martina sotto il letto durante la visita del capitano d’ispezione e naturalmente dopo fecero matte risate. Nella camera vicina abitavano due colleghi di Maurizio, Marco e Carlo e una sera vollero fare una festa, furono invitate Lucia, Martina e due amiche; ma le amiche non tornarono più pensando a quello che avevano fatto in seguito alle libagioni dei liquori. Passarono cosi cinque mesi nell’amore più sfrenato nella passione più violenta, nel delirio dei sensi e dello spirito.
Volgevano gli ultimi tempi della permanenza del reparto in quel paese e Maurizio pensò che non aveva offerto mai nulla per ricordo a Martina. Le offrì allora un cerchietto d’oro montato da un’acquamarina.
Passarono pochi giorni e rientrando nella sua stanza trovò sul letto una busta chiusa, rigonfia, conteneva una scatolina e una lettera di Martina. Le parole erano semplici, contraccambiava il regalo con un paio di polsini in argento placcato d’oro. Quale sacrificio aveva affrontato per contraccambiare il regalo di Maurizio?
Egli non poté che ringraziarla con l’amore più appassionato e con l’affettuosità più sincera. Prime nubi sull’orizzonte sereno: il reparto di Maurizio sarebbe partito.
– Come farò senza di te, gli disse Martina, ti amo! E gli cantò quella canzone in voga “Amore amor, non mi lasciar, con tutto il cuore ti voglio amor…!”
La cantò più col cuore che con la voce. Ma una piccola fortuna venne loro in aiuto, per prolungare la loro relazione; Maurizio si ammalò lievemente, e il “Reggimento” partì senza di lui verso i confini alpini, la guerra si avvicinava, i soldati dovevano essere al loro posto di combattimento.
Durante la breve malattia di Maurizio, per la prima volta, Martina salì in camera sua anche di giorno. Divenne la sua infermiera, era l’ultima offerta. Solo durante le ore di lavoro, lo lasciava. Restava al suo capezzale tutto il giorno, la notte si coricava con lui, baciava le sue labbra arse di febbre, cosa poteva donargli ancora? Ma ben presto Maurizio dovette partire, era guarito.
Il distacco fu doloroso e Martina gli disse
– Torna quando vuoi, ti attenderò sempre, sarò sempre tua, se un giorno dovessi sposarmi, tu sarai al disopra di tutto, lascierò tutto per te, anzi ti prometto che non mi sposerò fino a quando anche tu non sarai sposato. E sarò ad attenderti quando vorrai ricordarti di me.
Egli non potè che accettare l’offerta, diversamente l’avrebbe offesa, le asciugò una lacrima e partì. Il Reggimento si era accampato ai piedi delle Alpi e in quel periodo Maurizio ebbe una volta sola la gioia di riabbracciarla in seguito ad una scappata in macchina dal campo; ma furono più lacrime che sorrisi. …e scoppiò la guerra… al fronte occidentale la battaglia fu breve e violenta. Maurizio ritornò dalle alpi in una città non lontana dal paese di Martina.
Si rividero felici, dopo lo scampato pericolo della guerra al fronte occidentale. Da quel lato ormai tutto era finito. Presto egli sarebbe ripartito per altre destinazioni, ma intanto erano vicini ed essi vollero godere anche quel momento. Combinarono una scampagnata, loro due soli. Egli non si sarebbe mosso dal campo, lei lo avrebbe raggiunto. Le diede quindi cinquanta lire per affrontare le spese del viaggio; erano quelli i primi denari che egli le porgeva ed essa li accettò dopo molte insistenze.
– Appena sei arrivata, egli le disse, prendi un tassì, vieni al ponte sul fiume, io sarò ad attenderti. Ci attrezzeremo per poterci accampare più lontano sul fiume e passeremo un magnifico pomeriggio.
Così fecero. C’era anche l’attendente di Maurizio con una valigia, un telo da tenda e una coperta. La macchina li accompagnò al fiume. Egli ordinò all’attendente di venirlo a prendere a una certa ora con la macchina, e con Martina e tutto l’armamentario si eclissò nella boscaglia del fiume. Si accamparono su di un soffice praticello in una radura. Indossarono i costumi da bagno, e come due esseri primitivi a contatto con la natura, si amarono come non mai.
Giunse purtroppo il momento del distacco, Maurizio sarebbe partito per nuove destinazioni, Martina ritornava alla sua casa. Alla stazione, essa trasse dalla borsetta due biglietti da dieci lire, glieli porse e fra le lacrime del dolore per la partenza disse:
– Ho speso 26.50 per il viaggio, gli spiccioli li tengo, non si sa mai che avessi bisogno di qualcosa nel viaggio… – Un nodo chiuse la sua gola e non potè più profferire una parola.
Fu il loro saluto, si baciarono senza parole, egli rimase ritto sulla pensilina, con lo sguardo appuntato verso il treno che si rimpiccioliva nella corsa.
Martina era ormai lontana, egli si era trasferito; il ricordo di lei avrebbe acquistato la parvenza di un sogno, se le sue lettere sature d’amore e di ricordi non gli avessero conservato la materialità del ricordo. Si sentì sperduto in quel piccolo paese di campagna; viveva ancora fuori dal mondo, ancora era stordito da quell’amore ardente che ancora era vivo in lui.
Eppure a tre kilometri in un altro piccolo paese esisteva una sua vecchia fiamma, una certa Vanna. Egli non se la sentiva di avvicinare altre donne che non fosse quella piccola bimba ormai tanto lontana. Fu Vanna a cercarlo. Egli svogliato accettò quella compagnia, mentre il suo cervello elaborava un piccolo piano.
Anche Vanna diceva di amarlo, ma quante storie per fargli una visita in camera sua! Martina sì che non faceva storie; e se Martina avesse accettato di venirlo a trovare… Ritornò quella sera nella sua stanza con quell’idea, e gli sembrò di vedersi intorno Martina. Prese carta e penna e così le scrisse:
– Martina, voglio rivederti. Puoi trovare una settimana di tempo per venirmi a trovare? Ti alloggerò qui con me in questa stanzetta, penserò io al viaggio, alla tua permanenza qui. Devi solo pensare ad allontanarti da casa senza dare sospetti.
Fai tu…
La risposta non tard� ad arrivare:
– Dimmi quando devo partire, ti spiegherò poi come farò per assentarmi da casa senza dare sospetti, Lucia mi aiuterà”
L’amore aveva superato ogni ostacolo e Maurizio era felice di poter riabbracciare la sua bimba.
Una complicazione però sorse improvvisa, Maurizio veniva trasferito al deposito del Reggimento, che si trovava nella sua città. Egli avrebbe alloggiato nella sua casa, come avrebbe fatto ad ospitare Martina? Egli però non voleva rinunciare a rivederla; essa era riuscita a trovare il mezzo per allontanarsi da casa, non avrebbe egli trovato il luogo per poterla alloggiare? Le scrisse di tenersi pronta al primo richiamo, e che le avrebbe mandato un assegno per il viaggio e le relative istruzioni.
Maurizio appena arrivato nella sua città, si dedicò alla ricerca dell’alloggio, tenendo presente che Martina era minorenne e quindi avrebbe dovuto scartare a priori alberghi e pensioni pubbliche. Il caso lo portò a una pensione privata in un palazzo di una via centrale, dove la signora, tenutaria, informata della situazione, accolse con piacere i due felici innamorati.
Partì subito il richiamo all’amore lontano, e in un pomeriggio di sole settembrino, Martina scendeva nella città del suo amore. Sperduta si guardò intorno, non vedendo Maurizio che come d’accordo, avrebbe dovuto essere ad attenderla. Si incamminò verso l’uscita e proprio sulla porta vide un soldato. Riconobbe le mostrine di Maurizio.
– Scusate siete del Reggimento X…? Chiese Martina
– Cercate il Sig. Tenente Maurizio?
– Sì?!
– Venite, vi attende in caserma, un rapporto gli ha impedito di venire personalmente. Mi ha detto; mettiti vicino all’uscita, non vedendo me, cercher� qualcuno per farsi indicare dove trovarmi. Conosce le nostre mostrine, quindi si rivolgerà a te certamente. Aveva ragione il Sig. Tenente!
Il soldato già istruito in precedenza prese la valigia di Martina e, la caserma essendo vicinissima, le fece strada. Quando Maurizio uscì dal rapporto, trovò l’attendente che lo aspettava.
– Signor Tenente è arrivata!
A quel richiamo subito si lanciò fuori dalla caserma, la vide subito vicino a un albero del viale, con la sua valigetta ai piedi, piccola, bella, sorridente:
– Maurizio!
– Martina!
A braccetto si incamminarono come due sposini verso il loro nuovo nido. La signora li attendeva, e fece gli onori di casa. La stanza era moderna ed elegante e dopo uno sguardo in giro ci si ambientarono subito. Felici come due bimbi si buttarono per traverso sul letto e manifestarono con baci ed abbracci la loro felicità.
– Come hai fatto Martina?
– Devi sapere che in questi ultimi tempi vado alla scuola del ricamo. Direttrice della scuola è una Contessa che abita a Torino. Io sono sempre stata una sua pupilla e questo è risaputo dai miei. A casa, d’accordo con Lucia ho detto: La Contessa oggi è venuta e dopo avermi chiamata in direzione mi ha chiesto se potevo andare a Torino per finire un tappeto da inviare all’esposizione. Poi per evitare che si informasse o meno sulla veridicità della cosa ho aggiunto: – Però mamma non dire niente alle mie compagne, lo sai come sono gelose! – Ed eccomi qui mio caro! Al minimo sospetto Lucia mi invierà un telegramma ed io tornerò a casa. Ma sono sicura che nulla ci disturberà.”
Martina era raggiante di gioia mentre riferiva i particolari della fuga. Aveva raggiunto l’apice della felicità e abbandonatasi nelle braccia di Maurizio si lasciò trasportare a occhi chiusi nell’ultima avventura.
Contarono sulle dita il numero dei giorni che avrebbero vissuti insieme come due sposi in viaggio di nozze e fecero mille programmi. Quella sera cenarono insieme, nella loro stanza, serviti dalla Signora, padrona di casa, e uno di fronte all’altro, si mangiavano con lo sguardo.
Dobbiamo far presente che quella era la prima avventura in grande stile che si permetteva Maurizio. Egli viveva in quella città con la famiglia ed era preoccupato di tener celata quell’avventura. La notte avrebbe dovuto ritirarsi nel suo letto di casa, doveva, se pure a ora inoltrata, far atto di presenza in casa, diversamente avrebbe messo i famigliari in apprensione. La prima notte infatti verso le tre del mattino si ritirò nella propria stanza e fu la mamma che lo svegliò perché egli potesse recarsi in servizio puntualmente.
La notte seguente egli trovò la scusa di doversi recare a trovare i suoi colleghi nel paese precedentemente lasciato, e così poté rimanere accanto alla sua bimba innamorata.
La fortuna però ancora una volta gli venne in aiuto. La famiglia doveva recarsi, per un invito, fuori cittò e rimanere assente qualche giorno. Rimaneva a casa soltanto il fratello minore di Maurizio che doveva frequentare la scuola.
– Non aspettarmi, né a mangiare, né a dormire, se qualcuno ti chiede di me, di che sono in caserma, disse Maurizio al fratello, così si sentì completamente libero, e solamente qualche volta per pochi minuti tornava a casa per seguire gli eventi e per non far vedere di essere scomparso.
Si stabilì quindi con Martina per vivere con lei coniugalmente quei pochi giorni. La lasciava solamente per il servizio, era pieno di premure e non voleva che le mancasse nulla.
Il loro amore era più intenso che mai. Una poesia profonda aleggiava intorno a loro, dimentichi di ogni forma di vita terrena.
Il loro linguaggio era quello dei baci e delle carezze. Erano felici! Come potevano provare una felicità più grande? Essere vicini e camminare per mano, vivere uno nella vita dell’altro, contraccambiare felicità con felicità, premura con premura, amore con amore, passione con passione,
Ma quella gioia era provvisoria, anche per loro presto sarebbe arrivata la fine.
Si amarono e si possedettero fino all’esaurimento, si addormentarono bocca a bocca, abbracciati, quasi per non volersi perdere.
Fecero magnifiche passeggiate, soli sempre, lontani da tutto anche nel più folto passeggio.
Maurizio le fece conoscere la sua città. E durante quelle passeggiate, se incontravano qualche conoscente di lui, venivano circondati da sguardi di curiosità, che chiaramente dimostravano di chiedere: “Chi sarà?” “Dove l’ha trovata?”.
Martina emanava intorno tutta la gioia dell’amore. aveva indossato per quelle passeggiate un vestitino estivo fantasia, leggero e vaporoso. E coi capelli sciolti al vento, che ricadevano morbidi sulle spalle, appariva come una farfalla felice di volare nel cielo azzurro.
Come descrivere la loro felicità piena di quei giorni? Come fermare l’attimo fuggente di una carezza o di un bacio? Erano in uno stato di semi incoscienza, però comprendevano che quella gioia era caduca, che tutto sarebbe finito, che fra poco avrebbero dovuto lasciarsi, che forse non si sarebbero rivisti più.
Forse quell’amore era bello perché aveva una fine; forse perché sapevano di dover godere oggi e domani chissà? E il loro amore era diventato raffinato, assaporavano il bacio, come si assapora il profumo di un fiore; adoravano i loro corpi come i pagani adorano i loro idoli.
Un giorno Martina partì!
La vita, il servizio, ripresero Maurizio, e quando in casa venne interrogato a bruciapelo dalla madre:
– Chi avevi con te, giorni fa?
Maurizio si sentì sprofondare in un abisso. Come aveva potuto sapere, che glielo aveva detto? Inutile fare reticenze, oramai Martina era partita, cosa poteva succedere? La mamma poi non era cattiva, lo avrebbe rimproverato questo sì
– Martina! rispose.
La mamma conosceva quel nome, l’aveva letto tante volte su voluminose lettere in arrivo, una volta anche una fotografia le era capitata in mano, spolverando una giacca di Maurizio. “Tua Martina” c’era scritto.
– L’avevo immaginato, e mi era sorto il dubbio che ti fosse venuta a cercare per qualche grave motivo.
– Non era successo nulla mamma! Avevamo voglia di vederci, ecco tutto!
– Pazzo! pazzo! e si allontanò per non trascendere.
Tutto sembrava ormai sepolto; solamente le voluminose lettere regolarmente in arrivo, testimoniavano un amore che non era che un ricordo.
I mesi passarono e Maurizio venne trasferito ancora una volta, ma non più al nord, al sud. Si allontanò così da casa e ancor più da Martina.
Il destino però non aveva ancora detto basta. Il tenue filo della corrispondenza ancora li teneva legati.
Martina aveva ripreso il suo fidanzato e lo disse a Maurizio in una lettera, Maurizio approvò.
Come in una lontana sera d’autunno Maurizio aveva deciso di invitare Martina presso di lui, così un giorno della primavera seguente, mentre stava compilando una lettera di licenza al suo comando, gli balenò l’idea di correre da Martina. La licenza era lì, dieci più quattro, destinazione? un momento di perplessità, a casa c’era stato da poco, un mese prima, poteva quindi dedicare qualche giorno di quella licenza alla bimba lontana che ancora sperava di rivederlo, destinazione: il paesello di Martina.
Sarebbe andato lì direttamente, senza fermarsi a casa. Fermandosi, come avrebbe giustificato alla mamma la nuova visita a Martina, già una volta gli aveva dato del pazzo! Si era vero, ma pure doveva contraccambiare quella visita che ella gli aveva fatto e poi desiderava rivederla, rivivere con lei ancora una volta nei luoghi che tanto aveva amato. Sarebbe ritornato al caffè Principe nella sua cameretta che aveva lasciato un giorno ormai tanto lontano, per il fronte.
L’entusiasmo per la nuova avventura l’aveva preso e già viveva in essa come una nuova pazzia.
Mentre il treno correva attraverso l’Italia, si chiedeva se avrebbe avuta la forza di non scendere a casa. Sarebbe passato vicino ad essa senza sentire il desiderio di lasciare il treno? Attraverso il finestrino già si vedeva la nota campagna, ecco il treno entrava nella ben conosciuta stazione.
“Scendo? non scendo? no ho deciso, vado da Martina, tanto fra pochi giorni sarò di ritorno.” e il treno si mosse, accelerò, si lanciò di nuovo nella campagna.
Era già sera inoltrata quando Maurizio si fermò davanti al caffè Principe, davanti a quella vecchia casa che per tanto tempo lo aveva ospitato, nulla era mutato, entrò.
Fu la vecchia padrona a venirgli incontro sorpresa e festosa. “Signor Tenente! come state! ” e lo abbracciò commossa, mentre tutta la famiglia gli faceva festa. Fu un fuoco di fila di domande, era passato tanto tempo da allora!
Maurizio però desiderava vedere subito la bimba del cuore e chiese: “Sapete dove sia Martina?”
Tutti sapevano e a quella domanda sorrisero. Maurizio imbarazzato sentì il dovere di precisare: “Sì, sono venuto per lei, vorrei vederla!”
La padrona allora mandò la figlia più piccola a chiamare Martina e chiese a Maurizio se aveva cenato. Alla risposta negativa imbandirono nel retrobottega un piccolo pranzetto e mentre egli consumava le vivande che gli venivano messe innanzi doveva rispondere a mille domande di quella famiglia da tanto tempo priva di notizie.
Finalmente arrivò Martina affannata; aveva corso. Lo abbracciò e lo baciò alla presenza di tutti tremante di commozione e sorrideva come mai aveva sorriso. Una lacrima di gioia le cadde sulla guancia. A Maurizio sembrò di vivere un sogno e rimase passivo a tutte quelle feste, a quell’accoglienza ospitale.
Arrivò anche Lucia col proprio fidanzato. Quella sera le due sorelline erano al cinema coi rispettivi fidanzati. La figlia della padrona, prima era stata a casa, e saputo che Martina era al cinematografo andò lì, cercatala nella platea, la chiamò: “Martina è arrivato!”. Un balzo, un tuffo la cuore; Martina senza nemmeno salutare quel povero ragazzo che era al suo fianco, si precipitò da Maurizio. Bimba cara, quanto amore aveva donato a quel giovane senza nulla chiedere mai! Quella sera era arrivato “lui” quindi null’altro esisteva.
La vecchia stanzetta dove per tanti mesi aveva vissuto Maurizio, era pronta e i due innamorati, data la buona notte a tutti, si ritirarono felici e si ritrovarono soli, come se si fossero lasciati la sera precedente, tutto era ritornato come un tempo. Erano arrivati al culmine, come sarebbe finito? Non pensarono al domani, erano ancora una volta vicini quando più non lo speravano, goderono la gioia che il momento offriva, non si torturarono per l’avvenire.
Essa lo lasciò al mattino per andarsene al lavoro, come un giorno Maurizio l’aveva lasciata per il servizio.
Passarono così tre giorni di amore intenso e all’ultimo, in un pomeriggio, essa si assentò anche dal lavoro. Vagarono per la vicina campagna con la macchina fotografica. Ancora c’era qualche chiazza di neve, mentre, dove Maurizio era di stanza col reparto, giù era primavera inoltrata.
L’ora dell’addio ormai era vicino, il sorriso già era una cosa morta, ma non parlarono di partenza. Perché addolorarsi di più? Il loro amore sembrava non voler finire, e quella fine non la desideravano. Se un fine esisteva perché affrettarlo?
Avevano dormito insieme fin verso l’alba, e taciturni, stretti, tremanti, si avviarono alla stazione.
“Arrivederci” fu il loro saluto.
Gli occhi di lei erano pieni di lacrime mentre freneticamente offriva la sua bocca per l’ultima volta.
Egli era commosso e non poteva parlare contraccambiò quel bacio, salì sulla vettura e attese che il treno si muovesse.
La lasciò ritta sulla pensilina a sventolare un fazzolettino bianco.
– Addio Martina, addio amore!
Non si rividero mai più!
Accadde la tragedia, la tragedia che mutò il cuore di Martina, la tragedia che le aprì gli occhi chiusi nel sogno. Sua sorella Lucia, cadde ammalata: tisi! La ricoverarono in un sanatorio e Martina rimase sola per capire che forse la sua strada era segnata da quel male. Lucia aveva troppo amato, troppo goduto, incline a quel morbo, aveva vissuto troppo. Strapazzi, lavoro, amore sfrenato, l’avevano portata là, fuori dal mondo, nella bianca casetta sui monti, da dove, forse, non si torna. Martina si sentì perduta, una metamorfosi improvvisa avvenne nel suo spirito. Chiese a Maurizio, come se pregasse in ginocchio, di lasciarla, di non scrivere più, di lasciarla alla sua quiete famigliare. Non poteva più sorridere, non voleva più amare; parlò per la prima volta di Dio.
Quale dramma si svolse in quel piccolo cuore di fanciulla? Perché voleva elevare una barriera tra se e il passato? Perché non voleva più ricordare? Perché non volle più ricevere da Maurizio e dimenticare?
Egli non comprendendo questo repentino mutamento, volle avere spiegazioni!
Essa allora, gli chiese perdono con una fiumana di parole: che le scrivesse ancora, che lo amava tanto, che non poteva fare a meno di lui, del suo amore… e poi ancora:
– Basta, Basta! soffro troppo! dimenticami, ti amo, ma non voglio più amarti, Lucia… Dio!
Solo allora Maurizio comprese, e pensò che il temuto “fine” era giunto.
Le inviò una lettera di addio. La sciolse da ogni promessa, le chiese perdono, se male ne aveva fatto, disse di averla amata tanto, le augurò di poterlo dimenticare. Forse un giorno si sarebbero incontrati avrebbero potuto sorridere amichevolmente. Le disse Addio!
Scrisse anche a Lucia in sanatorio per farle giungere una parola di conforto, e comunicandole che egli e Martina oramai avevano finito, la pregò di tenerlo informato del cammino della vita di Martina.
“Scriverò a te Lucia, avrai un amico e un confidente nella pace del sanatorio, mi parlerai di Martina”. Le disse di non disperare e di aver fede nella guarigione.
E la vita di tutti i giorni riprese monotona e uguale. Per molto tempo Maurizio ebbe notizie di Martina attraverso la sorella, poi… la guerra, la prigionia, più nulla.
Per lui, Martina, ora è solo un ricordo di un amore pieno di passione, di un amore libero e ardente, di un amore finito nel dolore..
Addio Martina! Disse Maurizio quando finì di raccontarmi questo episodio della sua vita. I suoi occhi guardarono per un momento il vuoto, poi disse : “Be! Si va a bere la birra? A parlare mi è venuto sete!”
Così è la vita!