
Ma dove li vado a trovare certi libri? Mi faccio attirare da un titolo e spesso non rimango delusa. Non ricordo dove ho trovato la segnalazione di questo libro di un autore polacco, niente di più lontano dalla mia sensibilità di lettrice, e invece dopo una iniziale perplessità, in cui non riuscivo a capire dove volesse andare a parare, e il titolo mi sembrava fuorviante rispetto al testo, sono riuscita a trovare il bandolo della matassa e sono riuscita ad apprezzare la scrittura molto asciutta e frammentata, direi quasi tecnica, dell’autore.
Le cose che non ha buttato via non sono tanto gli oggetti materiali che si è ritrovato a riordinare a di cui ha dovuto fare una cernita dopo la morte della madre, quanto i ricordi stessi che si sono venuti ad accumulare nel corso della vita e del rapporto con i genitori.
Una madre dalla forte personalità, quasi ingombrante nelle sue manifestazioni verso la società del dopoguerra, una guerra, la seconda mondiale, che viene tenuta sottotraccia, come se il fatto di essere una famiglia ebrea, non dovesse essere mai menzionato. Uno stigma che i sopravvissuti si portano dentro e che solo il tempo e il passaggio delle generazioni può attenuare.
Una madre ingombrante, dicevo, una persona che non si limita ad ascoltare, ma vuole sempre dire la sua e avere l’ultima parola, con episodi anche comici raccontati da un figlio che vuole trattenere “le cose” come ricordo e non buttare via ciò che era importante per la madre.
I libri soprattutto, dai primi volumi giallognoli fino a quelli illustrati, a libri che la madre aveva sempre con se perché credeva che nelle loro pagine ci fosse la saggezza di un popolo.
Un libro complicato, perché lontano dal mio mondo, la Polonia prima occupata dai russi che ne fanno uno stato satellite, poi l’indipendenza quasi nell’incredulità delle persone. Citazioni di autori che non conoscevo in una lingua sconosciuta, ma tutto confezionato come un bel pacchetto regalo, non tanto per il lettore, ma credo per se stesso, l’autore, che attraverso i ricordi dei genitori e soprattutto della madre, ricostruisce un mondo perduto. Solo alla fine si apprende che la morte della mamma è avvenuta dopo una lunga malattia che le ha portato via la memoria. E sempre di sottofondo striscia la persecuzione degli ebrei appena accennata ma che arriva fuori all’improvviso con brevi frasi lapidarie: “Dopo la sua morte ho trovato una moneta d’oro. Per corrompere chi vendeva gli ebrei.”
Poi la fine, il degrado della memoria, il silenzio perché non c’è più niente da dire, niente da capire: “Tace. Quel giorno smette di parlarci. Non rischia. Tacendo, mantiene il controllo sulle parole”. Parole che non è più in grado di pronunciare e che ora passano al figlio per diventare “Cose che non ha buttato via”.
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