Capita sempre più spesso alla mia età di incontrare persone che alla domanda di cortesia: “Come va?” si lanciano in descrizioni interminabili di malanni e disgrazie. Ormai ci ho fatto l’abitudine, il mio allenamento all’ascolto mi fa subito drizzare le orecchie e mi predispongo a subire lamentele quasi interminabili sulle malattie più varie. In queste occasioni mi faccio una cultura medica straordinaria perché ogni raffreddore è diverso dall’altro, ogni incidente è unico, ogni male è descritto nei più minuziosi particolari.
Mai che a nessuno venga in mente di domandare anche a me come sto! In verità io cerco di non dilungarmi troppo, già l’età porta malanni, se poi dovessimo ogni volta sciorinarli a tutti sarebbe deprimente. Mi sono abituata a non parlare troppo, per non alimentare chiacchiere inutili, ma soprattutto perché questo tipo di conversazioni mi annoia moltissimo. Non voglio dire di essere insensibile ai malanni altrui, ne sono sinceramente dispiaciuta, ma mi piacerebbe anche fare conversazione con volti sorridenti, persone ottimiste e con interessi che si discostano dalle malattie.
Purtroppo però le mie conoscenza, più avanza l’età, sono tutte, o quasi, mie coetanee e i malanni sono all’ordine del giorno. È il prezzo che si deve pagare.
Mi viene in mente, non so perché, una poesia che ho letto tempo fa e che faceva:
Signora conta le malattie ed io – ì suoi anni.
Lei chiede consolazioni ed io – almeno un po’ di gioia
di veder attraverso la sua finestra
la lontananza azzurra …
Ma Ia la signora ha paura del sole
e non prova pietà per me
che sempre sono dietro le tapparelle chiuse
come un uccello acchiappato.
La signora ha paura dei sussurri
ed io custodisco il silenzio.
lo prendo cura della sua vecchiaia; lei ripete sempre
che le rimane poco da vivere,
ma non le fa male niente!
Solo che la sua anima non è tranquilla
perché è rimasta da sola.
Lei è intrappolata da longevità,
e in questo c’è anche la mia colpa,
perché la tratto bene,
come se fossi la sua figlia,
dice che non ha più forza di vivere
ed io non voglio aiutarla!
E dice anche che sono furbissima:
non voglio perdere il mio lavoro,
ma io mi comporto da saggia,
non giudico le sue parole.
Tutti mi lodano per la mitezza, ma che vÌta è questa?
Lei trattiene la mia giovinezza,
io – cullo la sua vecchiaia!
Tatyana Kochetygova – Traduzione di Olha Vodovychenko
in “In madre lingua, poesie e racconti del mondo in Italia” p.217