Alfredo Tamisari: “Scampoli di fine stagione”


“C’ero una volta”… e c’è ancora… Alfredo Tamisari. Perché mai nascondersi dietro il passato. È il futuro quello che gli interessa e allora mi aspettavo che il libro si concludesse con il fatidico “…e vissero tutti felici e contenti”.

Invece Alfredo in questo libretto ha riproposto le sue brevi liriche, i suoi «scampoli di fine stagione» con un tono che lascia in bocca, leggendole, una vena di malinconia. Il tempo passa e gli anni sono sempre di più, ne so qualcosa anche io, e il ricordo, i pensieri si affollano in brevi composizioni in cui lo sguardo è sempre presente. Uno sguardo che va oltre il quotidiano, uno sguardo che va anche oltre al presente, ma si affaccia sul futuro quando compone: «la verità è lì, in quell’alfabeto sdentato, / in quella corteccia di viso, / in quegli occhi ancora chiari / che stenti a incontrare».

Gli occhi e lo sguardo sono presenti in tantissime liriche e sono compendiati dal verso «più che guardare, voglio vedere». Perché non bastano gli occhi, ma attraverso di essi si comprende il mondo, anche quando si tiene lo sguardo basso.

Poi la presenza della fine, che arriva quasi all’improvviso, dopo la vita giunta come un dono. Cita Antonio Saba Alfredo quando dice «Ed è il pensiero della morte che, / in fine, aiuta a vivere». La morte è una specie di approdo a cui si giunge scivolando lentamente.

«il rimpianto non serve, / neppure il ricordo. / E il rimedio non c’è.». Fino alla fine quando «sarà luce, saremo luce».

E qui terminano le 86 piccole composizioni che raccontano Alfredo come è oggi, poi il tono cambia e attraverso una prosa arguta arriva il sorriso di “favole assurde”, dialoghi scombinati che però letti attentamente ci ripropongono sempre l’ironia che conosciamo di Alfredo.
Piccole storie, che raccontano una umanità che non si arrende.

Piccola mia confessione, ultimamente non amo moltissimo leggere poesia, le sottili metafore, i sottintesi, il dire e non dire del linguaggio poetico mi stancano, ma ho invece apprezzato i componimenti raccolti in questo libretto, perché sono immediati, dicono pane al pane e, come dice il testo 18 «usiamo parole / che migliorino il silenzio / nella gloria della semplicità». Ecco semplicità, questo è il tratto caratteristico e incisivo che mi ha sempre fatto apprezzare gli scritti di Alfredo Tamisari.


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