11 settembre 1944
Impressioni di cose vedute, impressioni lasciate da tracce di vita reale o immaginaria, impressioni che tormentano e fanno soffrire.
E’ sempre il mio io che vede, che pensa, che ricorda, che riflette; è sempre la mia anima tormentata dalla mancanza di vita che si agita. Ciò che oggi ho visto, ha turbato vieppiù il mio già turbato spirito.
Un uomo normale, che vive la vita di tutti i giorni, potrebbe affermare che quel piccolo e insignificante fatterello che si è offerto al mio sguardo oggi, non dice proprio nulla. Un bacio! Un semplice contatto di due bocche, una maschile e una femminile. Basterebbe pensare a tutti i baci che vengono scambiati in un minuto nel mondo per concludere che un bacio è ben povera cosa. Eppure…
Tre volte la settimana andiamo al cinema grande ed io non manco mai ad uno spettacolo, perché egoisticamente desidero quelle due ore di svago. Chi mi ha spronato a scrivere non è stato il cinema, né il classico bacio che gli attori si scambiano sullo schermo, e cosa vecchia ormai ed anche da prigionieri ci si fa l’abitudine, ma una scenetta reale che per pura combinazione si è offerta ai miei occhi e a quelli dei miei compagni.
Uscivamo dal cinema e in colonna per due, da bravi scolaretti, rientravamo al campo. Davanti al posto di guardia del cancello principale, seduti su di una panchina, stavano un saldato americano e una giovinetta con un’amica. Fin qui nulla di strano. Vi sono tante ragazze negli uffici e non è cosa rara vederle in giro. Il soldato aveva una “P” dietro la schiena che vuol dire “Prisoner” cioè punito di prigione. Noi, per voler rilevare la differenza grafica, portiamo una “P W” che vuol dire “Prisoner af war” cioè prigioniero di guerra. La differenza però non è soltanto grafica ma sostanziale.
Egli quando avrà scontata la sua breve punizione riprenderà la sua vita normale, noi invece che non siamo puniti, dobbiamo attendere una grazia del “Padreterno” per ridiventare uomini liberi.
A quel soldato avevano concesso di uscire un momento dalla “Baracca-prigione” per onorare la visita della giovinetta. Forse era la sua “Girl-friend” che impensierita dalla sua lunga assenza era venuta a trovarlo. Poteva avere quattordici anni, bella nella sua età acerba, teneva la testa appoggiata alla spalla del suo “boy“. Aveva il viso soffuso di malinconia, forse perché doveva rimanere con lui così, in pubblico, sotto gli occhi di tutti.
La nostra colonna sfilò disciplinata; non si mossero. Entrammo dal grande cancello, che si richiuse alle nostre spalle. Quella coppia rimase lì sulla panchina, gli occhi negli occhi. Mi volsi ancora una volta per guardare ed erano avvinti in un lungo bacio senza pudore. Il moralista avrebbe gridato allo scandalo. Io… sul momento ho sentito una trafittura al cuore e il sangue accelerare i suoi palpiti poi ho pensato che non sono nulla, se non un pover’uomo estraneo alla vita. Umana ingiustizia! perché tormenti i nostri corpi e le nostre anime, perché dai tutto a uno e niente all’altro? perché fai soffrire chi non ha colpa?
Umana ingiustizia! dammi fame e libertà, sarò più felice, più fiero, potrò lottare con le mie braccia, potrò aiutare i deboli miei cari lontani, potrò correre a loro e salvarli salvandomi.
Umana ingiustizia! sei crudele e vile. Perché ci riempi di cibo e ci togli tutto? e per me tutto vuol dire: casa, amore, libertà Una sola cosa mi resta: una fiaccola che non si spegnerà e che brilla alta sul mio orizzonte: la speranza.