Un Natale nel futuro


Un piccolo esercizio di fantasia per divertirsi un po’…

Natale 2047
Si era svegliata presto, come al solito, perché oramai le sue notti diventavano sempre più corte.
A volte si chiedeva con che privilegio era arrivata al traguardo del secolo.
Per quale strano caso del destino era riuscita a superare gli anni tremendi della pandemia che avevano sconvolto il pianeta e anche la sua vita.
Era ancora viva, nonostante tutto, ma soprattutto era riuscita a mantenersi in forma col corpo e lucida con la mente.
Si rigirò nel letto, la sua stanchezza era qualcosa che ultimamente la affliggeva sempre di più e quell’anno soprattutto era sopravvenuto qualcosa che la rattristava molto, anche se non avrebbe saputo dargli un nome.
Man mano che si avvicinava il Natale sentiva sempre di più la nostalgia  per quello che non poteva più essere. Abeti scintillanti, luci colorate, tavole imbandite, sapori e odori che da molto tempo non sentiva più.

Ricordò con una punta di rimpianto quando quasi un secolo prima, andava con i suoi genitori a casa della nonna nella città vicina. Viaggio in treno, lento e traballante su un trenino che collegava le due città. Il paesaggio che scorreva lento dietro ai finestrini e poi l’arrivo a casa della nonna che li accoglieva con il suo aspetto austero.
Ricordava ancora nitidamente l’odore del suo profumo, un misto di borotalco e lavanda, ricordava, come l’avesse vista ieri, la sua postura austera, l’abito a disegni minuti, il colletto di pizzo bianco e la fila di bottoncini scuri che scendevano dal collo alla vita.
Ricordava il suo prospero seno in cui si poteva rifugiare e soprattutto ricordava il profumo del cibo che invadeva tutta la casa.
Il menù era sempre lo stesso, tortellini in brodo, bolliti misti e l’immancabile salama da sugo, un insaccato ormai introvabile, e poi, per finire, il doce salamino al cioccolato ricoperto da una montagna di panna montata.
Ricordava il gesto furtivo con cui nascondeva la sua letterina, impreziosita di lustrini, sotto il tovagliolo della nonna e l’espressione, ogni volta stupita, di lei che, consumata attrice, la prendeva delicatamente e la leggeva con gli occhi lucidi.
Ricordava, come se fosse ieri, i piccoli doni che a fine pasto facevano la loro comparsa: un paio di guanti, un libro a volte un giocattolo. Ché Natale non era festa di giocattoli, per quelli c’era la Befana il 6 gennaio.
Sospirò ancora ricordando immagini lontane, rivedendo con l’affetto della memoria le persone che da tanto tempo non c’erano più.
Oggi sarebbe stato diverso, 

Della famiglia non era rimasto che il nipote, ma anche lui non sarebbe stato presente, a causa delle ferree regole del post pandemia.
Dopo aver studiato lingue orientali era andato in Cina e nel momento in cui erano state chiuse le frontiere era rimasto in oriente. Nessuno oggi poteva attraversare i muri che erano stati eretti. Ogni paese difendeva i suoi confini e non erano ammesse deroghe. Nemmeno le merci circolavano ogni paese aveva dovuto diventare autosufficiente, Alcuni c’erano riusciti altri no e per questo erano scoppiate carestie e guerre. Europa, Stati uniti, Cina e qualche altro paese erano diventati fortini inespugnabili. Se per esigenze improrogabili ed inoppugnabili qualcuno doveva varcare la frontiera si doveva sottoporre a quarantene lunghissime in zone isolate, vaccinazioni e controlli estenuanti. Tanto che quasi nessuno ci provava.
Lei vedeva suo nipote solo in teleconferenza, e anche oggi si sarebbero visti ma solo sotto forma di ologramma. La tecnologia era diventata la vera padrona del mondo, chi la possedeva poteva andare avanti, chi non era in grado di progredire tecnologicamente era destinato a scomparire.
Oggi il suo Natale sarebbe stato solitario, accudita e curata come un vecchio monumento del passato, un esemplare umano che aveva il solo scopo di tramandare ai giovani le tradizioni di una volta.
Il suo vero nipote era lontano, ma lei ne aveva adottati tanti che la chiamavano nonna, perché quelle loro non c’erano più.

Sospirò ancora una volta e si decise a suonare il campanello, la ragazza arrivò dopo pochi istanti, con gesti affettuosi la aiutò ad alzarsi e poi a vestirsi, la aspettava una giornata impegnativa, avrebbe dovuto raccontare come era il Natale ai suoi tempi, oramai il suo compito era quello, e lei lo faceva molto volentieri. Avrebbe dispensato un po’ di umanità in un mondo che non riconosceva più come suo, ma in cui era costretta a vivere e dove i pochi vegliardi come lei ancora tenevano alta una piccola luce. A questo pensiero cominciò a canticchiare una vecchia carola e disse che prima di scendere nel salone avrebbe fatto la sua telefonata al nipote. Si sedette davanti allo schermo e quando comparve l’ologramma di Michele che le disse allegramente: “Auguri nonna, oggi è proprio Natale… ti presento la tua bisnipotina, si chiama come te”. cominciò a ridere e piangere insieme. Una nuova vita era lì avanti ai suoi occhi e anche se non la poteva toccare sapeva che una stella cometa era arrivata fino a lei, superando i muri e le barriere.

Un nuovo piccolo, grande miracolo di Natale.

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