Ginetta Maria Fino: “Fino a Cahors”

Secondo volume portato a casa da Pieve Santo Stefano.

Ginetta Maria Fino mi ha dedicato il libro, uscito da poco, tratto dal diario depositato in Archivio. “Fino a Cahors”.
È un libro insieme semplice e complesso, già dal titolo si viene tratti in inganno, ‘Fino’ si riferisce al cognome di Ginetta o all’avverbio di moto a luogo?

Fino è entrambi; arrivare fino a Cahors è anche un riappropriarsi del proprio Cognome, della propria Famiglia, delle proprie Radici. Ginetta racconta la sua infanzia in Francia, racconta il suo essere bambina attenta e sensibile, “diversa” dalle altre bambine, perché figlia di immigrati, perché povera, perché orgogliosa della sua unicità.
Ginetta racconta la nuova emigrazione in Italia, lo sradicamento, le viscere che si attorcigliano, la solitudine del silenzio, la nuova lingua da imparare, poi la ribellione, il riscatto. Ginetta/Ginette deve reinventarsi e lo racconta a scatti, quasi con rabbia, fino a incontrare l’amore.

In fondo non è strano leggere che una ragazzina è cresciuta, ed ha trovato l’amore, l’amore vero, quello che rimane per sempre, l’amore di due opposti che si attraggono, amore rimasto integro, anche dopo che Pino non lo è più.

Dal libro di Ginetta/Ginette si capisce una cosa, una cosa sola, la forza di una donna che ha messo la “cura” al centro della sua vita. Cura dei fratelli, cura della madre, cura del marito, cura del figlio, cura della sua intelligenza, cura del suo essere donna, grande donna, Ginetta/Ginette.


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