
Ho letto tempo fa e con una certa titubanza Càpita, e l’ho ripreso in mano dopo che anche io ho passato i momenti dolorosi di una malattia. Allora ero curiosa, ma temevo di essere masochista (roba di dolore, di malattia, di morte?) invece mi sono ritrovata a ridere (la “passera d’epoca” è un gioiello di beffa esilarante e distaccata), a sorridere, a commuovermi. Mi sono specchiata in certe improvvise impennate, nel sarcasmo e nell’autoironia, nell’indulgenza e nell’impazienza; ho amato, ancora una volta, la grazia e la leggerezza della scrittura di Gina Lagorio della quale già avevo apprezzato, molti anni fa, “Approssimato per difetto” (1971), scritto in prima persona con la voce di un uomo condannato dalla malattia. Era la voce di suo marito Emilio che sarebbe morto nel ‘64.
Ma era soprattutto il resoconto di una verità: la consapevolezza tardiva di aver vissuto una normalità familiare fra troppe cose non dette, un amore, appunto “approssimato per difetto”, che non ha saputo diventare esperienza totale, nonostante il disperato ed estremo tentativo di recuperare il tempo perduto.
Oggi, dopo la mia malattia, ho sentito il suo ‘raccontarci come è andata’ come un dono prezioso, e questa è la specificità di Gina Lagorio: la sua vita di donna e di scrittrice è percorsa dal desiderio e dal piacere del dono – anche in “Raccontiamoci com’è andata”, un “librino” uscito un paio d’anni prima della malattia, c’è il senso profondo della riconoscenza e della generosità -.
Così anche questo suo ultimo libro, consegnato poco prima di morire (17 luglio 2005) è libro generoso, di grazia e di “grazie”, intenso di ricordi e di nuove curiosità.
In questo libro, Gina Lagorio, splendida ottuagenaria, scrittrice raffinata, lettrice instancabile, ci regala a piene mani il suo stare e passare dentro e attraverso il farsi… del disfarsi. Perché càpita di essere colpiti, come è successo a lei, da un ictus, o da una qualsiasi malattia invalidante, e vedere rivoluzionata la propria vita, una vita che prende anche coscienza della possibile fine.
«Càpita che si viva tutta una vita senza imbattersi in una malattia che invece a un certo punto prenderà per te la faccia del destino. Càpita di essere felici senza saperlo, di dare generosamente senza pensare di essere generosi e càpita di scoprire che la gratitudine è un sentimento raro poco sentito e poco praticato; càpita di essere delusi da qualcuno che non ti aveva illuso ma solo incidentalmente sfiorato. Càpita di veder rovesciata l’esistenza in un attimo e càpita che per essere ancora un po’ simile a quel che eri prima, ci vogliano mesi e mesi di pazienza e di attesa.»
«Càpita da giovani. Càpita da vecchi. Càpita al buio. Càpita che suoni positivo.»
«Càpita. A me è capitato. Ma prima avevo avuto vivendo una speciale benedizione, avevo vissuto non addizionando gli anni, ma moltiplicando i primi venti per quattro volte.»
«Ora, se mai riprenderò a camminare con entrambe le gambe, camminerò non su quattro volte vent’anni, ma sugli ottanta. Uno scarto di fondo, che taglia netto il passato dal presente – tragicamente nuovo – e dal futuro solo mestamente immaginabile». E aggiunge: «Anche perché ormai ho misurato le mie forze e le mie cosiddette virtù. Una le assommerebbe in sé tutte, ma non l’avevo e inventarsela è dura: la pazienza.»
Si è dura la pazienza anche se è una compagna che deve essere costantemente al nostro fianco. perché quando càpita di ammalarsi è l’unica cosa che serve per andare avanti.

Per chi si fosse incuriosito qui i link per acquistarlo:
Copertina flessibile – € 12,35;
Formato Kindle – € 6,99
Altro libro di Gina Lagorio citato nell’articolo:
Approssimato per difetto (copertina flessibil) – € 9,50
(Avviso: Se volete comperare il libro potete farlo direttamente dal link consigliato, in questo caso io avrò una piccola percentuale sulla vendita. Il prezzo per voi non varierà)