Epifania: la Befana e la cicogna


Quando ero piccola era la festa più attesa perché i regali li portava la vecchietta e non Babbo Natale che è arrivato dopo.
Ricordo bene la calza appesa al camino, quando c’era, altrimenti alla cappa della cucina. Non c’era mai moltissimo, mi ricordo che addirittura qualche volta sono andata alla festa della distribuzione dei regali dei dipendenti della Posta dove lavorava mia mamma. Mi sembra di ricordare di anche una foto mia con la Befana.
Tutto è successo una vita fa. Una vita talmente cambiata che mi sembra quasi un sogno, qualcosa che non ho vissuto realmente. Anche quando è nato Giuliano ho tentato di mantenere la tradizione della calza e dei regali all’Epifania, poi tutto è scivolato in basso verso Natale. In basso come tempo, non come importanza.Oggi, quest’anno, la Befana mi ha portato il cambiamento, quello con la C maiuscola, è dono o dispetto? Lo vedrò col passare del tempo. Per il momento è una grande scocciatura, ma ogni cambiamento è scocciatura, è uscire da schemi consolidati, da paesaggi conosciuti, è andare avanti senza voltarsi indietro. Ormai la decisione è presa. La Befana si è data da fare e ormai il suo regalo è questo. Il bilancio lo farò tra qualche tempo, perché ancora non voglio darla vinta alla “sfiga”, voglio prendere questo “regalo” come un vero regalo, da accettare come una occasione per qualcosa di bello che verrà.
Tutto non accade per caso, si tratta solo di aspettare per vedere che disegno ha tracciato per me il destino, come racconta mirabilmente Karen Blixen nel suo racconto “La cicogna” (La mia Africa).

Un uomo viveva in una casupola tonda con una finestra tonda e un giardinetto a triangolo. Non lontano da quella casupola c’era uno stagno pieno di pesci.
Una notte l’uomo fu svegliato da un rumore tremendo e uscì di casa per vedere cosa fosse accaduto. E nel buio si diresse subito verso lo stagno.
Prima l’uomo corse verso sud, ma inciampò in un gran pietrone nel mezzo della strada; poi, dopo pochi passi, cadde in un fosso; si levò; cadde in un altro fosso, si levò, cadde in un terzo fosso e per la terza volta si rimise in piedi.
Allora capì di essersi sbagliato e rifece di corsa la strada verso nord. Ma ecco che gli parve di nuovo di sentire il rumore a sud e si buttò a correre in quella direzione. Prima inciampò in un gran pietrone nel bel mezzo della strada, poi dopo pochi passi, cadde in un fosso, si levò, cadde in un altro fosso, si levò, cadde in un terzo fosso e per la terza volta si rimise in piedi.
Il rumore, ora lo avvertiva distintamente, proveniva dall’argine dello stagno. Si precipitò e vide che avevano fatto un grande buco, da cui usciva tutta l’acqua insieme con i pesci. Si mise subito al lavoro per tappare la falla, e solo quando ebbe finito se ne tornò a letto.
La mattina dopo, affacciandosi alla finestrella tonda, che vide? Con le sue orme aveva disegnato una cicogna! Che nottata di disdetta! E si sarà chiesto il perché di tante tribolazioni: non lo poteva sapere davvero che quel perché era una cicogna
“.
E Karen Blixen si chiede:
“Questo buco dove mi muovo appena, questa fossa buia in cui giaccio, è forse il tallone di un uccello? Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna?”

Magari io vedrò un altro disegno, ma sono scura che un disegno c’è, si tratta solo di aspettare che si riveli.

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