
Potevo io farmi scappare un film intitolato “Educazione fisica”? Direi proprio di no. Ho lavorato in palestre per la maggior parte della mia vita e quindi mi sono messa la giacca e sono uscita diretta al cinema.
La storia è narrata in un crescendo di emozioni che culminano nel fatto principale. È una narrazione perfetta nella sua struttura narrativa, C’è un inizio soft, poi via via la tensione aumenta fino alla rottura e all’acme della vicenda, per poi decrescere in un finale che riporta equilibrio, anche se diverso da quello iniziale.
I genitori di tre ragazzi di terza media vengono chiamati dalla preside della scuola che frequentano per comunicazioni urgenti, nessuno di loro sa che cosa abbia potuto generare la convocazione. Si tratta di una coppia (marito e moglie operai), una madre single e un padre imprenditore. Tre genitori molto diversi tra loro, che rimangono sbalorditi di fronte alle accuse della preside nei confronti dei loro figli. Hanno abusato, e non una sola volta, di una ragazzina loro compagna di scuola… e questo si può dire.
La prima reazione è di incredulità, per i genitori i figli sono bambini non ancora cresciuti e innocenti, ma poi davanti alle parole della preside che vuole chiamare la polizia e la visione di un video girato da uno dei ragazzini, la discussione si fa sempre più accesa.
Si genera una situazione al massacro con accuse reciproche, ma soprattutto emerge il colpevolizzare la vittima che, come succede sempre, viene additata di aver provocato la violenza.
E qui non vado oltre, perché sarebbe uno spoiler che rovinerebbe l’effetto sorpresa, Il finale è come sempre conclusivo, e nello stesso tempo aperto alle conseguenze che le azioni dei protagonisti decidono di mettere in atto.
Il film è ben costruito anche se chi come me ha vissuto negli ambienti scolastici trova poco credibile che una preside convochi dei genitori in una palestra (da qui il titolo che si discosta dalla piece teatrale che era semplicemente “La palestra”), in orario extrascolastico e senza qualcuno che faccia da spalla. Molto poco credibile! Ma tant’è, la fantasia dello sceneggiatore ha voluto così e quindi prendiamo per buona la decisione della dirigente di presentarsi ai genitori da sola.
Per il resto mi sono piaciute alcune scene e inquadrature, specialmente quando i genitori guardano il video dal telefonino di uno dei ragazzi, presi dal basso in primissimo piano è come se i loro volti venissero studiati per afferrare la minima emozione: gli sguardi prima increduli e poi via, via addolorati e poi decisi a non voler credere a quello che stanno vedendo.
Molto buoni anche i dialoghi, il crescendo di accuse e difese, la trasformazione da brave persone, genitori modello ad accusatori, a corruttori, a minacciosi e pericolosi individui.
Nel complesso quindi un bel film, bravi gli interpreti, cinque in tutto.
A me è piaciuta in particolar modo Angela Finocchiaro che da mamma casalinga e un po’ scialba dopo un po’ rivela una grinta cattiva e sadica, e Claudio Santamaria che da imprenditore vuole mettere in pratica le regole della mafia del silenzio offrendo denaro alla sbigottita preside, una quasi irriconoscibile Giovanna Mezzogiorno sempre più con le spalle al muro. Rimangono Sergio Rubini, sempre bravo in ogni interpretazione e Raffaella Rea un po’ più defilata, ma è colei che riesce a trovare il bandolo della matassa.
Un film cattivo che fa vedere il lato brutto della società in cui hanno la meglio i vigliacchi e i bugiardi.
Spero di non avere detto troppo, ma nemmeno troppo poco, la soluzione, a sorpresa, va scoperta durante la visione.
Buon cinema, al cinema!