Edoardo Boncinelli: “Una sola vita non basta”

Sono sempre stata convinta che non arrivo mai a un libro per caso. Ogni volta che trovo piacevole la lettura è perché il libro mi é arrivato per una ragione che si aggancia alla mia vita, o che soddisfa un mio bisogno nascosto o palese.

Qualche giorno fa, una frase detta per caso mi ha fatto cercare nella mia biblioteca un volumetto letto parecchio tempo fa “Come nascono le idee”. Sapevo di averlo in casa da qualche parte, ma ho dovuto ricostruire la collocazione dove era riposto. Una volta trovato ho scoperto che l’autore che avevo trovato ironico e arguto aveva pubblicato da poco una sua autobiografia.

Edoardo Boncinelli è uno scienziato genetista, molto conosciuto nell’ambiente scientifico, una persona con un curriculum invidiabile, una vita piena tanto da intitolare la sua autobiografia “Una sola vita non basta”, ma anche abbastanza ironico da sottotitolarla “Storia di un incapace di genio”.

Un ossimoro che balza all’attenzione, come può essere un incapace un genio e come può essere un genio un incapace. Mi sono precipitata a comperarlo in formato mobi per Kindle e in due minuti lo avevo a disposizione sul mio dispositivo.

Le autobiografie sono tra le mie letture preferite, forse per una sorta di curiosità da ficcanaso che mi fa chiedere, quando incontro una persona, “Chi è? Come è? Come è arrivato ad essere oggi quello che è?” La frase ‘ogni vita merita un romanzo’ è per me una verità dimostrata e siccome a me i romanzi/storie piacciono moltissimo la lettura di un’autobiografia è sempre un mettersi dentro la vita ci chi l’ha scritta soddisfando quel mio atavico bisogno di colmare pettegola e ficcanaso.

Lo so, lo so, che chi scrive una autobiografia non dice mai tutta la verità, infioretta un po’ le cose piacevoli, drammatizza quelle spiacevoli per farsi compatire e rendersi simpatico, ma quel sottotitolo e quelle due parole incapace e genio mi dicevano qualcosa, che forse avrei trovato un pizzico di sincerità in più. Anche Boncinelli mette la mani avanti nella premessa “Ma cos’è in fondo un’autobiografia se non un modo di mettersi in gioco, per gioco? È come scrivere un romanzo senza parere o redigere una fedele cronaca senza testimoni. È un sottrarsi momentaneamente alla vita per ripresentarsi in essa sotto altre spoglie. È un tutto-me immerso in un tutto-mondo”.

Bene, mi sono letto tutto il libro anche le parti più noiose, quelle dove descrive il suo lavoro che essendo non del tutto semplice può far arrivare la tentazione di sorvolare girando velocemente le pagine. Non ho barato, diciamo che le mie limitatissime reminiscenze universitarie di fisiologia mi hanno sostenuto, ma la sorpresa è stata che ho scoperto un uomo che confessa di tremare quando deve parlare in pubblico -e che pubblico! Premi nobel & c/o- che soffre di crisi di panico, che confessa la sua insicurezza, a volte la sua inferiorità davanti alle difficoltà della vita -e non poche- ma sempre pronto a rialzarsi, a camminare, a studiare, a darsi da fare, impegnarsi da giovane in mille lavoretti per campare e non gravare sulla famiglia, un uomo dolce, innamorato un uomo che non si vergogna a dire che la sua famiglia è la cosa più importante per lui, che si alza la notte per accudire i figli piccoli per lasciare dormire la moglie. Cosa si vuole di più.

Allora mi sono chiesta dove era l’incapace in tutto questo e ho dedotto che l’incapacità stava nel genio, Genio è colui che ha una spiccata attitudine e versatilità in un campo del sapere, ma non è detto che un genio sia genio in tutto.

Ho letto un libro che mi ha dato coraggio perché nella vita di ciascuno ci sono momenti in cui ci si sente incapaci, inadeguati, in cui ci si misura con i propri limiti, e questo è ciò che ci racconta Boncinelli tra le righe. E ce lo rende umano, “un imbroglioncello, un semplice baro“, – sono parole sue – ma anche una persona capace di guardarsi dentro, ma soprattutto, col suo lavoro di genetista, di guardare dentro a quello che è il grande miracolo della vita.


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