Deserto


Oggi è stato il giorno della mia seconda gita con permesso. Dovevo andare a fare la Tac per la centratura del raggio della radioterapia. Dire radioterapia sembra meno brutto che dire radio e basta.
I corridoi dell’osp90424256_10222239224391656_1181454763355537408_oedale erano quasi vuoti, tutti con mascherine, misurazione della febbre all’entrata, in ascensore uno alla volta, distanze di sicurezza dappertutto.

Non ho potuto fare a meno di pensare che da qualche parte in quell’ospedale c’è un reparto in cui sono ricoverate le persone contagiate con il coronavirus. Su un sito che consulto spesso ci sono le distribuzioni delle persone nei vari ospedali. Ieri erano 56 solo nel territorio di Firenze di cui 15 dove sono andata io.
Me li sono immaginati distesi nei loro letti a guardare fuori la bellissima giornata di sole, sempre che abbiano la forza di guardare fuori.
Prima della tac mi hanno costruito addosso la maschera che dovrò indossare quando mi fanno la radioterapia. Ho dovuto chiudere gli occhi e tutto quello che ho sentito è passato attraverso sensazioni fisiche, sulla pelle, prima il caldo e il bagnato di qualcosa che avvolgeva tutta
la testa e il collo e giù per le spalle, poi il pulsare di qualche cosa che tirava e si asciugava rapidamente. Sempre a occhi chiusi mi sentivo trasportare avanti e indietro, cambiava solo la luce che filtrava attraverso gli occhi chiusi. Strano, anche con le palpebre abbassate la luce passa e si ha la sensazione netta del passaggio dal buio alla luce.

Poi è finito tutto, mi sono alzata e ho visto ai miei piedi una specie di gabbia traforata rigida che aveva la mia forma. Ecco quella sarà il mio vestito durante la terapia.
Me ne sono andata lentamente, mi sembrava di non avere quasi forze, ma non perché fossi debole, era il
mio animo che non voleva correre. In macchina ho attraversato di nuovo la città per ritornare nel mio rifugio. Fino a lunedì, salvo contrordini, me ne starò tranquilla nel mio acquario. Galleggerò, muovendomi piano nell’atmosfera rarefatta di queste strane giornate primaverili.

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