Ieri dicevo: non è finita… e infatti la mia grande delusione è stata sapere che ancora dovrò sottopormi a terapie d sostegno… ancora per quanto? Non lo so, ma so che dovrò ancora frequentare il reparto oncologico e farmi flebo, su flebo… su flebo. Deve essere sta una bella bombardata l’ultima chemio. Mister Kemio si è vendicato e non mi vuole lasciare.
Lunedì ricomincio, intanto mi chiedo a che cosa servano le cure di sostegno se non mi sento sostenuta. La debolezza dilaga.
Ieri poi ho fatto un colpo di testa: ho voluto andare con Giuliano a fare la spesa e a un certo punto non ce l’ho fatta, mi sono dovuta sedere e seguire lui che girava per il supermercato seguendo le mie indicazioni. Il direttore a un certo punto voleva chiamare una ambulanza perché stavo proprio male.
Ho fatto una figura che non mi sarei mai aspettata. Mi sono vergognata di me stessa.
Delegare, delegare, delegare… perché non ci riesco? Mi sembra di farmi quasi violenza, senza capire che la violenza non è nel delegare, ma è verso me stessa come persona.
Una volta arrivata a casa, mi sono addormentata in poltrona, esausta da tutte quello che era successo nella giornata. La delusione di dover ritornare lunedì e poi martedì… e poi quanto tempo ancora? La delusione di rendermi conto che ancora dipendo moltissimo da chi accudisce, la delusione di sentirmi impotente. Ogni volta quando penso di poter uscire dal tunnel ecco che qualcosa mi ci ricaccia dentro. Sono ancora serva della malattia, devo essere una ancella acquiescente, perché la padrona non transige.
Capisco che questo post è un lungo lamento e io non vorrei lamentarmi, perché non vorrei lamentarmi? Per non essere compatita? Ma cosa vuol dire essere compatita? È come dire, patire con me. stessa cosa delle condoglianze… no, no, non ci voglio pensare… ho già fatto questo discorso.
Cum-patire!
Però una bella cosa è successa ieri e voglio pensare che anche in un mondo così doloroso e assurdo esistono delle persone che ancora sono gentili, premurose e accoglienti.
Ieri nel tornare con mio figlio dall’ospedale ci è saltato il pensiero di passare dalla RSA dove è ricoverata la mia amica R. Sapevamo che è in quarantena e che non avremmo potuto vederla, ma volevamo sue notizie.
Arrivati all’RSA una delle infermiere ci ha detto che è in una camera a pianterreno e che avremmo potuto vederla e salutarla dalla strada. È andata da lei e ha girato la poltrona verso la finestra, così abbiamo potuto vederla e scambiare qualche parola. Ci siamo tutti sentiti meglio, per questo incontro a distanza. Lei era contenta di vederci e noi di salutarla.
Grazie davvero a chi ha fatto sì che potesse accadere.
Le persone che si preoccupano degli altri esistono ancora, che con piccoli gesti riescono a dare un po’ di sollievo. Basta poco…
Ho comperato delle mascherine egoiste, vista la maleducazione che impera, che ho notato nel supermercato. Me la metterò quando vedrò introno a me persone che non rispettano la salute degli altri.