Concita de Gregorio: “Chi sono io? Autoritratti, identità, reputazione”

Mi capita spesso.
Leggo il titolo di un libro, poi leggo l’abstract su qualche sito e scatta il colpo di fulmine e lo devo avere.
È successo ancora con il libro di Concita De Gregorio “Chi sono io? autoritratti, identità, reputazione”.

Probabilmente ha influito nella mia scelta la mia vocazione autobiografica, il lavorio che sta facendo il mio cervello in previsione dei nuovi laboratori che sto preparando per il nuovo anno, è indubbio però che la domanda “Chi sono io?” ha su di me un indiscutibile fascino.
Il secondo motivo di attrazione è la fotografia, è l’autoritratto fotografico, io che non amo farmi fotografare, io che non amo farmi selfie, e che scarto a priori l’idea di puntarmi addosso un obiettivo.
Riesco a guardarmi attraverso la scrittura, ma ho molta difficoltà a vedermi in una fotografia.

Anche io mi domando chi sia la persona che vedo nella foto, non mi riconosco, così come a volte non mi riconosco nell’immagine riflessa in una vetrina o in uno specchio.
Concita De Gregorio nel suo libro ha intervistato alcune fotografe famose che hanno usato la loro macchina fotografica per guardarsi, interrogarsi, scoprire i loro lati oscuri, dare visibilità ai loro sogni o desideri.

L’autoritratto fotografico è molto diverso dall’inflazionato selfie. Mi ha molto colpito la dichiarazione di Anna Di Prospero (una delle fotografe intervistate): “…dicono che faccio selfie artistici, ma c’è molta differenza tra fermare un momento della vita con una foto e cercare di capire, attraverso le foto, la tua vita com’è. Un autoritratto lo fai per te stesso: per vederti, per capirti, per accettarti. Un selfie lo fai per essere accettato e piacere agli altri.”
Mai dichiarazione mi è sembrata più esatta.

Il libro inoltre è riccamente illustrato con le immagini delle fotografe che hanno raccontato la loro storia all’autrice e che sottolinea: “Quasi tutte le grandi fotografe hanno dedicato un tempo e un lavoro importante alla definizione e alla ricerca di sé attraverso l’autoritratto. Pochi sono invece i fotografi uomini che hanno fatto altrettanto. […] Lo sguardo e l’obiettivo rivolto verso di sé è dunque?-?in fotografia direi anche in fotografia?-?un territorio soprattutto femminile.”
Le foto sono il racconto di una storia, una storia personale, un recuperare legami, infanzia, solitudine, paura, sesso.
Prima di vedere il mondo bisogna vedere se stessi e in fondo non è anche quello che fa la scrittura?

Leggendo mi è venuta voglia di fotografarmi, di guardarmi in silenzio io e la macchina fotografica, di guardare dentro il mio volto i segni del tempo, e di scrivere solo per me quello che stavo guardando. Un regalo che mi ha fatto il libro di Concita, il coraggio di cercare nella mia immagine me stessa.
Non so se quello che ho scritto sia una recensione o se sia qualcos’altro, certamente è quello che ha suscitato e che ho desiderato condividere.


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