
Gli anni passano e io non sono più quella di una volta, che saltava a piedi pari ogni ostacolo, adesso devo stare attenta a dove metto i piedi e tenere ben saldi gli appoggi perché altrimenti la terra diventa più vicina e non sono una bambina che mette il culo per terra e non si fa niente.
Scopro via via che il tempo passa disturbi che hanno nomi strani e che sapevo nemmeno che esistessero, tipo “parestesia a calzino” che sembra un commento a un fumetto piuttosto che un disturbo invalidante. È così, il mio calzino invisibile non mi fa sentire il terreno sotto i piedi e capita sempre più spesso che finisca “culo” all’aria o che mi riprenda all’ultimo momento salvandomi così da lividi che mi rendono blu come un Puffo!
Non mi lamento, ma ci devo fare i conti e se prima qualche passeggiata anche su terreni scoscesi potevo arrischiare a farla ora cerco, marciapiedi lisci, e tragitti senza gradini, il che – come si può dedurre – limita alquanto le possibilità. Non vorrei ritrovarmi di nuovo – per tenere in movimento le gambe – a ridurmi a fare il “criceto” come succedeva in periodo di pandemia, quando non si poteva uscire. Ma mi sa che questa possa diventare una eventualità!
Quindi, riassumendo, i miei calzini, rigorosamente invisibili, non riesco proprio a toglierli e allora me li tengo e cercando di immaginarmeli a fiorellini o con pupazzetti allegri, tipo Puffi, per intenderci.