Alla fine… rimarremo soli


Fortunato De Pero

L’umanità sta degenerando e lo si vede ogni giorno nelle notizie che vengono a sconvolgere le nostre giornate. Una madre abbandona la propria figlia che muore di fame e sete, un uomo ammazza a mani nude un altro uomo e… 

Nessuno interviene. Davanti a queste notizie, probabilmente solo due che sono arrivate alle cronache, ma chissà ancora quanti episodi di cattiveria non arriviamo a conoscere, mi chiedo: «Cosa avrei fatto io?». Mi sarei trincerata davanti a un «Non sono fatti miei!» o mi sarei fatta avanti a segnalare che in quella casa c’era una bambina abbandonata o intervenire perché un uomo stava per essere ucciso?
Mi viene in mente ora la storia di Willy ragazzo coraggioso – ma perché coraggioso, forse semplicemente onesto – che paga con la vita il fatto di essere intervenuto a difendere un amico. Si rischia anche a intervenire? E allora? Si lascia morire una bimba di 18 mesi o un uomo padre di famiglia? Cosa ci dice la nostra coscienza? Forse ci dice che siamo tutti codardi, e quella famosa poesia, di autore sconosciuto, arriverà alla fine e dirà che prima o poi toccherà anche a noi e nessuno prenderà le nostre difese. Dopo gli ebrei, i neri, gli omosessuale e via, via prima o poi toccherà a noi.
Ecco qui una favola che dice bene che cosa succederà se continuiamo per questa strada.

C’era una volta un omino con gli occhiali che non sopportava di vivere insieme alle persone che non portavano gli occhiali.
Cammina, cammina, lʼomino arrivò in una città dove abitavano solo persone con gli occhiali e a quel punto si accorse che non sopportava di vivere insieme alle persone nere, perché naturalmente lui era bianco.
Cammina, cammina, lʼomino trovò un quartiere in cui abitavano solo persone bianche con gli occhiali e a quel punto si accorse che non sopportava le donne, perché naturalmente lui era un uomo.
Cammina, cammina, lʼomino arrivò davanti a un grattacielo pieno di uomini bianchi con gli occhiali e a quel punto si accorse che non sopportava di vivere con le persone che non avevano la cravatta, perché naturalmente lui portava sempre la cravatta.
Cammina, cammina, lʼomino arrivò all’ultimo piano del grattacielo, dove c’erano solo uomini bianchi con gli occhiali e la cravatta e a quel punto si accorse che non sopportava di vivere con le persone con i capelli neri, perché naturalmente lui era biondo.
Cammina, cammina, lʼomino trovò una stanza piena di uomini bianchi con i capelli biondi, gli occhiali e la cravatta e a quel punto si accorse che non sopportava di vivere con le persone con i capelli lunghi, perché naturalmente lui aveva i capelli corti.
Cammina, cammina, lʼomino trovò una stanza più piccola piena di uomini bianchi con i capelli biondi corti gli occhiali e la cravatta e a quel punto si accorse che non sopportava di vivere con le persone che erano più basse di lui, perché lui si sentiva molto alto.
Cammina, cammina, lʼomino trovò una stanza ancora più piccola piena di uomini alti bianchi con i capelli biondi corti gli occhiali e la cravatta, e a quel punto si accorse che non sopportava di vivere con le persone che non credevano in Dio, perché naturalmente lui era credente.
Cammina, cammina, lʼomino trovò una stanza minuscola piena di uomini alti, bianchi con i capelli biondi, corti, gli occhiali, la cravatta, che credevano in Dio, e a quel punto si accorse che non sopportava di vivere con le persone che non avevano tre unghie della mano sinistra pitturate di verde, perché naturalmente lui aveva tre unghie della mano sinistra pitturate di verde.
Cammina, cammina, lʼomino trovò una porta alta più o meno come una finestra e sopra alla porta c’era scritto: “Club degli uomini alti bianchi, in cravatta con gli occhiali, i capelli biondi corti, che credono in Dio e hanno tre unghie della mano sinistra pitturate di verde”
“Ecco il posto giusto per me “, pensò lʼomino. “Finalmente troverò degli amici simpatici e potrò vivere felice!”.
Ma quando aprì la porta, si accorse che la stanza era vuota e c’era posto solo per lui.

Giuseppe Caliceti – Favole interculturali  

%d