Sembra impossibile che sia arrivata all’ultimo giorno di questo 2020, anno che doveva e poteva essere così carino, con quei due 20 messi in fila che lo facevano sembrare così giovane e facile da dire e scrivere. Ma era un anno bisesto: “Anno bisesto, anno funesto” secondo una antica superstizione, e tutte le cose più funeste si sono verificate, non solo sotto il mio piccolo tetto, ma sotto il grande cielo del mondo. È bene che finisca, è bene metterci una pietra sopra, farci una bella tomba con una lastra di marmo e lasciarlo andare negli spazi siderali. Finito, da domani cominceremo ascrivere 2021 e anche se forse non sarà cambiato molto, lo scocco di un secondo non muove molto sulla scacchiera del tempo. Come Cenerentole al ballo fuggiremo da tutto quello che avevamo e ci rifugieremo in qualcosa che ancora non conosciamo. Il mio anno è stato duro, numero primo per età, ha portato con sé tutto ciò che di peggio poteva portare, ma nello stesso tempo ha portato anche delle belle cose, avvenimenti che non avrei potuto sperimentare e vivere senza le prove che ho dovuto affrontare. Perciò non voglio ricordare qui in questo tardo pomeriggio del 31 dicembre gli avvenimenti dolorosi, le preoccupazioni, i dolori fisici e psicologici, ma ciò che ha fatto ricche le mie giornate, che ha riempito il mio tempo in modo positivo. La prima è la solidarietà che mi ha accompagnato ogni giorno, solidarietà attraverso la presenza di persone che si sono prodigate per me e per gli altri, che mi hanno accompagnato, sostenuto in giorni in cui non potevo sostenermi da sola. Vorrei salutare il mio angelo custode che mi ha scarrozzato per una Firenze deserta, vorrei ricordare le chiacchierate in macchina, anche i sorrisi che si intuivano sotto le mascherine che si cominciava ad abituare a portare. Ho visto il mondo cambiare attraverso lo schermo del mio computer, le facce a scacchi che armeggiavano con tecnologie distanti, ma che con la forza della resilienza sono riuscite a maneggiare anche Skype, Messenger e chissà ancora cosa…. Ho imparato che ci sono tante persone che dicono di volermi bene, che mi apprezzano -anche se io non so bene perché- persone che seppur distanti, che probabilmente non vedrò mai più di persona, riuscivano a trovare parole così consolanti che riuscivano sempre a farmi diventare rossa e a strapparmi un sorriso. Ho scoperto che se il 2019 mi aveva portato via una sorella, il 2020 me ne aveva regalate tantissime, una sorellanza distribuita e varia, che nessuna famiglia “vera” avrebbe potuto darmi. Ho scoperto che se nella mia vita ho fatto qualcosa di buono, forse è vero che si viene ripagata, e con gli interessi. Ho scoperto di avere una famiglia -piccola sì-ma tanto unita, anche nei suoi componenti allargati, e chi non ha una famiglia allargata oggi? Nel 2020 sono tornata al mare, quello bello, del sud, dove l’acqua è così cristallina che sembra sempre di toccare anche dove non si tocca, dove i pesciolini vengono a mordicchiare perché non sanno che brutta bestia è l’uomo o la donna. Nel 2020 ho volato sopra l’Italia, in giorni limpidi e caldi, ho ritrovato chi mi stava aspettando e conosciuto che persona bella possa essere il fratello di mio figlio. Nel 2020 ho fatto compagnia al mio gatto che ignaro di tutto dormiva beato accanto a me, pretendendo a orari regolari pappa e croccantini e soddisfacendo i suoi bisogni primari soddisfacevo anche i miei, soprattutto quello di avere il suo pelo morbido da accarezzare e le sue fusa da ascoltare. Ho scoperto che mio figlio è ancora migliore di quello che pensavo, e cuore di mamma non è mai così tanto obiettivo, ma lui è davvero di più, e di più è mio nipote e mia nuora, prudenti, ma affettuosi, presenti, ma distanti, in una vita per ossimori. Poi sono felice perché in questo 2020 che sta per finire, non ho perso nessuno, nessuno di chi conosco se ne è andato e di questi tempi è moltissimo, con tutte le perdite che ci sono state nel mondo. Ecco, ho finito, domani si ricomincia dall’1, un piccolo salto puramente convenzionale, ma tanto importante per tutti.
Cominciano ad arrivare messaggi e telefonate, perché se c’è stata un’ultima cosa buona nel 2020 è che ha fatto capire che l’informatica, le diavolerie tecnologiche possono essere davvero un mezzo per umanizzare ed unire. Per finire ricordo lo slogan della mia facoltà, quella che ho frequentato con grande passione, quella in cui credevo 18 anni fa e a cui credo ancora: “le cose da dire, i mezzi per dirle”. Se si hanno i mezzi, ciò che abbiamo da dire lo possiamo dire e questa è per me la Libertà.
Addio 2020, il tuo fratello minore 2021 forse non sarà molto diverso da te, ma lo saprò affrontare meglio perché tu mi hai istruito, addestrato, fatto più forte. Addio!