31 marzo 2009

– Salvator Dalì –
La persistenza della memoria – 1931 –

La maggior parte delle persone vorrebbero imparare a ricordare di più; per Noel Burun, il grosso compito, quello più gravoso, era invece imparare a dimenticare. Non soltanto le cose penose dell’esistenza, che tutti noi vorremmo cancellare, ma le cose in generale. Poiché ogni volta che Noel udiva una voce o leggeva una parola, sagome multicolori si formavano dentro la sua testa a mo’ di contrassegni o mappe, per aiutarlo a tenere a mente, nei minimi particolari, un’emozione, uno stato d’animo, un dato tono, le parole stesse… di eventi che risalivano perfino a tre decenni prima.

Nel 1978, per esempio, quando vennero a dirgli che suo padre era morto, ecco che cosa illuminò il cervello di Noel novenne:

Una voce secca e friabile come sabbietta per gatti… [che si trasforma in] una striscia butterata di ottone opaco, che si restringe a punta come una spada e sembra scomparire, per poi riapparire come un pendolo rosso sangue. Il pendolo comincia a oscillare, il rosso a farsi sempre più vivace, abbagliante, poi ecco un mutamento, un’altra voce, un grumo giallo tuorlo d’uovo tutto spugnoso con anelli pulsanti d’un rosa bruciato. Una voce più stridula, più forte l’interrompe ed ecco una figura cruciforme, color lampone intorno all’ombelico la cui luminosità si attenua via via, dal centro in fuori e i bordi appaiono d’un bianco perlaceo. ……

Jefrey Moore – Gli artisti della memoria (incipit) – Marcos Y Marcos


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