
È buio. Abbracciato dal silenzio, riposa in quel soffice calore avvolgente.
Il suo sonno riempie il tempo di sogni segreti che nessuno mai saprà svelare, nemmeno lui.
Solo qualche suono lontano, quasi un’eco si accompagna a quel battito, soffio di vita.
Ma nell’aria qualcosa è cambiato e si avverte uno strano disagio. Una forza nuova e sconosciuta lo chiama e lo trascina prepotente.
All’improvviso è luce accecante, rumore, voci, mani.
Un vagito.
Benvenuto nel mondo…
La mamma lo guarda e già lo ama, mentre lui contempla lei senza vederla.
Con gli occhi ancora velati, di un azzurro fatto di acqua, cerca nella luce quella voce familiare. Ha i capelli che sembrano di piuma e la pelle liscia e sottile, quasi eterea.
È un incontro denso di emozioni, sono attimi di felicità assoluta.
Quel cucciolo d’uomo, perfetto eppure tanto fragile, ha già il suo posto nel mondo, ma ancora non lo sa, né gli interessa. Ciò che vuole è solo la sua mamma, che da questo istante vivrà per lui.
Niente sarà più uguale a prima, a quel prima che sembra già lontano.
Quando vidi la mia bambina per la prima volta, non riuscivo a realizzare che quella piccola persona fosse davvero la stessa che avevo custodito per tutto quel tempo dentro di me. Fra noi si era creato un legame fortissimo, io adoravo il mio pancione.
Non nascondo di aver provato un certo smarrimento, un senso di vuoto, quasi di nostalgia guardando la mia pancia, ormai piatta. Alessandra aveva i lineamenti che raccontavano di un parto lungo e complicato, si guardava intorno leccandosi le labbra e movendo in continuazione le sue piccole mani.
Ma chi era? Perché la amavo così, senza nemmeno conoscerla? E perché quell’istinto materno di cui tutti parlavano, io non lo sentivo? Non mi sentivo mamma.
Ma la mattina seguente arrivò l’infermiera.
Entrò nella camera reggendo due neonati per ogni braccio, come fossero fantocci. Si avvicinò al mio letto e me ne rovesciò uno in mano.
Profumava di bambino.
Era appena trascorsa la prima notte che, dopo tanto tempo, ci aveva viste separate e adesso mentre la guardavo, mi sentivo una cascata che ritrova l’acqua, un lampo che ritrova luce, un’eco che ritrova voce.
Non sapevo cosa fosse, ma ero davvero felice.
Laura Tangorra – Rumore di mamma – pp. 17-19
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