22 maggio 2009

Sto leggendo l’ultimo libro di Demetrio… che ho avuto venerdì scorso dalle sue manine… con dedica.

…la scuola, nelle sue diverse articolazioni e gradualità, non è che una delle “case” dell’educare. Fra l’altro la più rigida, la più refrattaria all’innovazione e a una trasmissione dei valori non riducibile né a tediose paternali né a qualche omelia feriale né tanto meno a qualche intimidazione. In ragione di questa sua tendenza alla staticità, vagheggiata da molti, in un’infinità di casi, essa si dimostra sovente irrilevante. Non vi è da stupirsi se da opposte fazioni si torni a invocare la de-scolarizzazione, come la soluzione vincente di quella che è stata ritenuta una macchina del vuoto, dispendiosa e inutile. Non solo per chi ne è espulso a forza, per chi l’abbandona, per chi la sopporta per quel tanto che possa servirgli. È inadeguata, se continuiamo a considerarla la matrice per eccellenza dell’educazione, per gli stessi primi della classe, per i più solerti fruitori di questo servizio. I quali, una volta fuori, abbandonati a se stessi, si troveranno a mal partito: educati in aule ipertecnologiche o fatiscenti a essere attenti, disciplinati, disponibili ad accettare qualsiasi cosa venga loro fatta imparare. Anche costoro, dai voti eccellenti, dovranno ricostruirsi un’educazione su misura tanto quanto gli ultimi della classe, sovente più preparati, avveduti, astuti – cinicamente addestrati a entrare nel tempo adulto – dei loro compagni con votazioni migliori. È bene quindi non accreditare alla scuola ogni potere in fatto di educazione; è assai meglio ridimensionarla, quando si guardi all’ educazione non come a uno stadio soltanto della vita. Quando non venga discussa a lezione, tra i banchi, nelle aule, la sua dimensione ricca di implicazioni cognitive, emotive, relazionali.

Duccio Demetrio – L’educazione non è finita. Idee per difenderla – p.21-22

– Eduard Ritter – La scuola del villaggio –

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