
Non riuscivo a distinguere bene quelle cose che di solito l’occhio registra senza difficoltà: i pali della corrente, le luci, le automobili in sosta, il cielo nero. C’era una strana bellezza nelle loro distorsioni surreali. Sembravano assalire gli occhi da ogni parte. Non potevo trattenere l’energia che abbandonava il mio corpo a una velocità incredibile. Si perdeva nell’oscurità con un sibilo.
Quando persi i miei ero ancora bambina. Quando morì il nonno ero innamorata. Quando morì la nonna rimasi completamente sola. Ma in nessun caso mi ero sentita sola come quel momento.
Con tutta me stessa avrei voluto fermarmi: smettere di camminare, smettere di vivere. Il pensiero che ci sarebbe stato un domani, e poi un dopodomani, e poi una settimana, non mi era mai sembrato tanto insopportabile. Continuare a vivere nei giorni a venire con quella sensazione di sconforto totale, mi ripugnava. Mi era ingrata anche la mia figura che percorreva le strade come quelle di qualsiasi altro passante notturno senza rivelare lo scompiglio che avevo dentro.
Banana Yoshimoto – Kitchen
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