17 dicembre 2009

Crick, il gallo dell’aia, dormiva sulla staccionata in equilibrio su una zampa sola.
Tutti i giorni Blob, il gatto grasso, lo svegliava con una zampata:
“È l’alba! Fa’ chicchirichì, o il contadino ti mette in pentola!”.
Crick si agitava e spargeva penne e piume tutt’intorno, con degli squeck squek disordinati.
La mattina era sempre raffreddato e perdipiù il chicchirichì gli riusciva male, per via della ERRE moscia:
“Chicch…COFF, COFF…”. “Chicccchì…ECCIÙ!”.
“Chicch…toss, toss… Chicchivichì”.
Il contadino si accorse che “la sveglia” non funzionava e decise di cucinare il gallo: bollito, con maionese e pomodori.
“E chisseneimpovta”, pensò triste Crick con la cresta abbassata, “tanto non son buono pvopvio a nulla”.
Ma il gatto lo costrinse a esercitarsi, per salvare le penne:
Crick scrisse 100 pagine di ‘r’ minuscole, 100 di ‘R’ maiuscole, e ripeté RRUOTA, RROSPO, RRANA, RRUCOLA, RRICCIO davanti allo specchio ad alta voce. Un milione di volte.
All’alba del giorno dopo echeggiò nell’aia un verso perfetto, gracchiante al punto giusto, stridulo (ma non troppo), con gli alti e i bassi proprio dove vanno ma… senza la erre:
“Chicchivichì’’.
Un Re, che passava di lì a cavallo con la scorta sentì il verso con la erre blesa e gli piacque talmente che diede al contadino 100 monete d’oro, pur di portare il gallo a palazzo come “sveglia di corte”.

Alessandro Lucchini


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